La pubblicazione del nuovo Pico Bogue, ultimo nato tra gli enfants terribles della bande dessinée, merita una menzione per il lettore italiano, dopo l’infruttuosa proposta nel 2013 (a otto anni di distanza dall’originale francese) da parte di Donzelli, editore di critica storica avventuratosi senza successo nei fumetti.
Se la filiazione da Peanuts, Mafalda & Co. è evidente, Pico Bogue ne rinnova la tradizione su almeno tre punti:
1. l’approccio formale: matita e acquarello in presa diretta, senza linee chiuse a delimitare le vignette, al fine di restituire la freschezza tanto della zazzera di Pico che dei dialoghi;
2. la struttura narrativa, non rinchiusa nella quattro vignette d’uso ma piuttosto in perenne movimento – mezza tavola, tavola intera, più pagine – adeguandosi al tema scelto che percorre ogni singolo volume;
3. le scelte tematiche, inclini alla pedagogia cittadina e non alla critica politica.
A conferma del successo ottenuto, la serie principale è stata arricchita di due parallele: una dedicata ai più piccini, Ana Ana – sorella di Pico – nel formato orizzontale 25×18 (22 volumi, serie in corso), e L’étymologie avec Pico Bogue, vero e proprio dizionario etimologico a fumetti giunto (col terzo volume) alla lettera M, e da mettere in mano a chiunque.
La sagacità umoristica e linguistica si deve all’autrice, Dominique Roques, insegnante in pensione diventata sceneggiatrice di fumetti per dar lavoro al figlio, Alexis Dormal, perso tra studi di belle arti e cinema d’animazione. A riprova che l’amore filiale può tutto, e che per i fumetti non c’è limite d’età.