È impressionante come, nell’ultima fase della sua straordinaria carriera artistica, Milo Manara abbia cercato in tutti i modi di rinnovare i suoi stilemi narrativi, allontanandosi dalla riproposizione di certi standard erotici che probabilmente hanno ormai stancato anche lui. Così, dopo i non particolarmente riusciti Il Gioco 4 e Il Profumo dell’Invisibile 2, l’autore veneto ha cambiato decisamente registro, da un lato intessendo alcune collaborazioni prestigiose, dall’altro dedicandosi a progetti personali molto ambiziosi. Le collaborazioni con Neil Gaiman per la serie di Sandman con Il Sapore del Desiderio, con Alejandro Jodorowsky per la saga dei Borgia, con Chris Claremont per gli X-Men di Ragazze in Fuga – e anche quelle più estemporanee con lo sceneggiatore cinematografico Vincenzo Cerami per Gli Occhi di Pandora o con il motociclista Valentino Rossi per Quarantasei – hanno permesso a Manara non tanto di allargare il proprio mercato di riferimento, ma di rinfrescare lo stile grafico e soprattutto i propri schemi narrativi.
Il risultato più evidente è la pubblicazione della sontuosa biografia dedicata al pittore Caravaggio, con il racconto della sua avventurosa vita, in cui Manara (giocando tra ombre e luci) riesce mettere su carta tutta la sua ammirazione per il genio del XVI secolo.
Si può considerare la recente trasposizione che Manara ha fatto del Nome della Rosa, celebre romanzo di Umberto Eco edito da Bompiani nel 1980, come uno step successivo nella sua ricerca di equilibrio tra la propria personalità autoriale e la possibilità di distaccarsi dai propri stilemi abituali. La proposta della realizzazione dell’opera a fumetti, particolarmente riuscita sia a livello estetico che narrativo, è stata avanzata a Manara dagli eredi di Eco e dalla casa editrice Oblomov, e la pubblicazione in volume è stata anticipata dall’uscita in rivista su Linus.
Il Nome della Rosa è il primo romanzo del semiologo Umberto Eco e ha raggiunto negli anni un successo planetario, venendo tradotto in 60 paesi; è seguita una fortunata trasposizione cinematografica nel 1986, con la regia di Jean-Jacques Annaud e l’interpretazione di Sean Connery. La trama è presto riassunta: si tratta di un giallo storico, ambientato nel XIV secolo all’interno di un’abbazia piemontese, in cui un frate francescano inglese si trova a indagare per interrompere una catena di sanguinosi delitti. In realtà, come tutti sanno, l’opera di Eco si muove tra molteplici piani di lettura: l’indagine gialla, il romanzo storico medioevale, le citazioni e gli omaggi alla letteratura medioevale e classica e le allegorie filosofiche ed esoteriche, altro aspetto grazie al quale la si può considerare come uno dei romanzi italiani più famosi al mondo, spesso citato anche anche nel campo dei fumetti, di cui Umberto Eco è stato da sempre appassionato e poi anche studioso, tanto da sdoganarli da un punto di vista scientifico – come nel celebre saggio Apocalittici e Integrati – e il cui immaginario utilizzò a piene mani in altre sue opere di narrativa, come nel romanzo La Misteriosa Fiamma della Regina Loana.
Nella sua trasposizione, Manara cerca di rimanere il più fedele possibile al testo originale di Umberto Eco, rifacendosi dichiaratamente anche alle illustrazioni che lo stesso scrittore alessandrino realizzò all’epoca, visionabili nell’ultima edizione del romanzo per le edizioni Nave di Teseo. Si tratta di un lavoro sontuoso, estremamente curato e assolutamente godibile anche per chi ha già letto il romanzo oppure guardato il film o la recente miniserie televisiva che ne è stata tratta.
Manara riprende anche l’introduzione del romanzo immaginata da Eco, con l’artificio del manoscritto, ritraendo anche lo scrittore in età giovanile. Nella trasposizione emerge il lato giallo e investigativo della storia, con l’indagine da parte di Guglielmo rispetto ai vari omicidi, senza trascurare però (grazie ad alcune ottime tavole) l’aspetto spirituale e storico della vicenda, in cui il fumettista veneto trae ispirazione dai quadri d’epoca e dalle miniature di quei tempi, che riproduce fedelmente con grande maestria. Da sottolineare la rappresentazione della maestosa Abbazia, spettacolare e veramente inquietante, in cui seguiamo la vita di ogni giorno dei religiosi.
Guglielmo da Baskerville, splendido protagonista dal passato da inquisitore (con cui Eco omaggia – a partire dal nome – Sherlock Homes e il suo metodo deduttivo), viene rappresentato, inaspettatamente, con le fattezze di Marlon Brando. Si ritrovano poi tutti gli affascinanti protagonisti del romanzo: dal giovane Adso, narratore della vicenda che seguiamo grazie al suo sguardo meravigliato, alla conturbante contadina del villaggio, dal nome sconosciuto, fino all’ex-dolciniano Salvatore.
L’estro artistico di Manara si scatena nella rappresentazione delle miniature dell’epoca, piene di particolari in cui esplode la sua abituale capacità di rappresentare anche gli aspetti più sensuali e ambigui, e brilla non meno nei racconti in flashback a mezza tinta, per esempio con la storia tragica di Salvatore che riassume l’eresia di Fra Dolcino, e nelle visioni di Adso, che si immerge nei racconti e nelle immagini che gli scorrono davanti.
In attesa della seconda parte, riteniamo che – per l’importanza dell’opera che è stata trasposta, per le scelte stilistiche che attua Manara e per la cura con cui lo ha realizzato – questo volume possa essere candidato decisamente come libro a fumetti dell’anno.