Venerdì 12 di Leo Ortolani

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Continuiamo la riproposizione dei nostri storici articoli attingendo al nostro database su ubcfumetti.com per rendere omaggio – in occasione della nuova edizione inserita dal Gruppo Editoriale Espresso nel collaterale intitolato Mondo Graphic Novel – a Leo Ortolani e al suo Venerdì 12. Lo facciamo recuperando e assemblando l’interessante recensione di Sabrina Mancosu del 2005 con la scheda dettagliata e la scheda enciclopedica dell’opera.

Quando nasce e chi lo crea

Venerdì 12 vede la luce nel maggio del 1996 ad opera di Leo Ortolani. L’occasione è la presentazione alla fiera del fumetto di Milano del primo numero de “L’isola che non c’è“.

Per l’esordio nella rivista, l’autore pare inizialmente orientato a proporre una parodia dei film d’orrore ma fin dalle prime fasi dello studio della serie s’insinua – a suo dire – come fonte d’ispirazione, guadagnando spazio fino ad imporsi, un brandello di privato: una sua disavventura amorosa.

Nasce così la saga di “Venerdì 12” incentrata sulla “più comune tragedia umana“. In una sorta di eco dei primi propositi Ortolani appronta per essa una scenografia che riprende, con lievità, i toni e le atmosfere horror. In realtà, le tracce più evidenti degli intenti iniziali restano nel titolo e nella maschera indossata dal personaggio Aldo, omaggio esplicito alla serie cinematografica Venerdì 13 e alla figura di Jason Vohees.

Chi sono i protagonisti?

Una mostruosa creatura che cela i suoi tratti dietro una maschera anonima, la bellissima donna che ne anima i ricordi, un buffo nanetto che risponde al nome di Giuda: questo il singolare terzetto che dà vita alle vicende narrate in Venerdì 12. A legarli, la terribile maledizione che ha trasformato il tenero Aldo in un essere ripugnante, costringendolo a vivere i suoi giorni “confortato” dalle affettuose e corrosive cure del suo fedele servitore e a struggersi d’amore per la crudele Bedelia.
Basta tuttavia sollevare la maschera di Aldo per trovare semplicemente un dolce e timido ragazzo, innamorato da sempre della più bella della scuola. Inebetito dalla gioia quando del tutto inaspettatamente il suo sogno si realizza, si rivela poi cieco a qualsiasi segno premonitore della rottura per ritrovarsi infine annientato dall’abbandono.

Bedelia è il sogno infranto. Un frutto dal sapore amarissimo, che però ha ancora in sé il profumo inebriante di ciò che sarebbe potuto essere. Dove trovare la forza per rinunciarvi? Giuda, il carognissimo Giuda, è l’amico fedele e fidato, pronto ad ascoltare, a incoraggiare ma anche a schernire e a provocare se questo può essere utile. Un inestimabile tesoro.

Chi sono dunque i protagonisti di “Venerdì 12”?
Sono le maschere di uno dei più comuni drammi che quotidianamente vanno in scena in quel grande palcoscenico che è la vita: l’uomo (in questo caso) innamorato e abbandonato, la donna che ha inflitto la ferita, l’amico che offre la spalla su cui piangere e al quale rivolgersi per ottenere consolazione.

Maschere “deformate” da Ortolani che ne esaspera oltre misura i tratti e le emozioni, ponendo così le premesse per il sorriso e/o la risata. Ciò che rimane inalterata, anzi quasi ne risulta esaltata, è l’umanità di cui esse sono portatrici e icone: la fragilità e vulnerabilità dell’uomo davanti ai moti dell’animo (Aldo); la forza delle sue passioni e dei suoi desideri (Bedelia); la solidale partecipazione e pietà dell’uomo davanti alla sofferenza dell’uomo (Giuda).

Dentro Venerdì 12

Il mondo di “Venerdì 12” ruota intorno alla tragicomica vicenda sentimentale del tenero Aldo, ed entrarvi significa così accompagnarlo nel suo umanissimo calvario personale verso, si spera, il riscatto finale. Un cammino tormentato fatto di cadute, di rese, di moti d’orgoglio, di speranze frustrate, di inconsapevoli risalite. In nessun momento però in completa solitudine. Non lo abbandona mai il suo peggior nemico, se stesso: Aldo ama crogiolarsi nel suo dolore, rimanervi avvinghiato, esserne posseduto. Rinunciarvi significherebbe perdere una parte vitale di sé, quella Bedelia il cui rimpianto dà un senso alla sua vita e nei cui confronti proietta tutto il suo amore/odio. E, per sua fortuna, non lo abbandona (quasi) mai il suo miglior amico: l’amabilmente caustico Giuda.

È questo formidabile e spassosissimo trio a dominare la scena nel corso dell’intera narrazione, impegnato a riprodurre, con tutte le varianti sul tema, lo schema ricorrente che vuole l’inconsolabile Aldo irriso costantemente dal velenoso Giuda per quel suo dolore alimentato dallo sterile, e appagante in modo perverso, rimpianto per la sua donna.

Uno dei tratti fondamentali di “Venerdì 12” è tuttavia l’attenta scansione temporale della vicenda raccontata, che prevede l’evoluzione della condizione emotiva di un Aldo inconsapevole e poco collaborativo in tal senso. Ed è proprio in questo suo – a tratti svogliato e sfiduciato – cercare una luce in fondo al tunnel nel quale ama perdersi che incontra i singolari compagni di viaggio sui quali Ortolani infierisce, attribuendogli i tratti più grotteschi. Vedono così la luce felicissime invenzioni quali la bruttina amica dell’amica Ciurga (80 cm di tutto: seno, vita, fianchi, altezza e peso! Misura unica), il cane Cioppy affetto da colite, la gelida Putrezia dagli enormi… occhi verdi.

Non meno affilata si rivela la penna dell’autore nel dar vita alla squinternata compagnia di cuori abbandonati, rifugiatisi nella terapia di gruppo e quindi all’immensa Isolda, bella dentro e con il cervello fermo da mezz’ora al semaforo verde; o nel descrivere il fitto sottobosco che anima l’Arca di Noè, locale di balli latino-americani, dove i giovani della terza età possono – dice il fedele Giuda – “stringere tra le braccia una donna dopo tanto tempu, con la scusa di una salsa”. C’è ampio spazio in “Venerdì 12” per la risata catartica, liberatoria, ma neppure manca quella che lascia un retrogusto amaro nel fondo. Non manca tuttavia anche un pizzico di quel dolce che il parsimonioso Ortolani centellina.

Sarebbe in tal modo ingiusto non ricordare Alicia, la ragazza cieca – lei, sì, capace di andare oltre l’apparenza; e ovviamente la tenera Dulcistella che si insinuerà con discrezione nel cuore di Aldo e… no, no. Da qui in poi dovrete vedervela da soli. 🙂

Guida alla lettura

Aldo, Bedelia e Giuda, il terrificante trio che anima “Venerdì 12”, nascono nel lontano 1996, sulle pagine de “L’isola che non c’è” (Edizioni Comica) dove saranno pubblicati i primi dieci episodi che li vedono protagonisti. Con la chiusura della rivista (marzo 1997), la serie rimarrà interrotta alla fine della prima parte dell’episodio “Doppia Coppia”.
È solo nel 1998 che, con la ristampa degli episodi iniziali, riprende la pubblicazione della saga, ospitata stavolta su “Rat-Man Collection“, la rivista della Panini dedicata al famosissimo personaggio da cui prende il nome. Complessivamente, i numeri interessati vanno dal n. 5 al n. 40.
Contemporaneamente, sempre per le edizioni Panini, vengono pubblicati tre Speciali:

  • “Venerdì 12 – Le Origini” (maggio 2002)
  • “Venerdì 12 – La solitudine” (luglio 2003)
  • “Venerdì 12 – Il risveglio” (agosto 2004)

Al terzo volume, che s’interrompe con “Episodio finale!” (episodio che – contrariamente a quanto parrebbe indicare il titolo – non chiude la saga), si è poi aggiunto lo Speciale:

  • “Venerdì 12 – La conclusione” (agosto 2005) che raccoglie gli ultimi tre episodi conclusivi della serie.
  • La saga di “Venerdì 12” è stata ospitata sulle pagine di “Tutto Rat-Man” che aveva dato inizio alla ristampa nell’agosto del 2002 con il n. 4.

Nel febbraio 2015 Panini pubblica la raccolta completa in un volume unico, dal titolo “Venerdì 12 Omnibus”.
Nel 2020 Bao Publishing ristampa in un volume unico cartonato l’intera opera. Nel 2023, infine, viene pubblicata – come dicevamo all’inizio – un’edizione economica nella collana editoriale da edicola del Gruppo Editoriale Espresso “Mondo Graphic Novel”.

Per maggiori dettagli, trama e sintesi degli episodi è possibile consultare l’articolo Venerdì 12: episodi e trame

Analisi critica: Venerdì 12

…ovvero mai regalare alla ragazza di cui si è innamorati un carillon con la ninna nanna di Brahms per il suo compleanno!!! Meno che meno se non avete l’assoluta, matematica certezza di essere innegabilmente ricambiati! Anche se quello trovato in una piccola vetrina male illuminata è il carillon più bello del mondo e, magari, vi è stato, “con generosità”, offerto gratuitamente da un bizzarro e ieratico vecchietto che farfugliava oscure parole dal sapore vagamente profetico…
Diffidate, perché dietro l’angolo incombe su di voi la minaccia di una maschera, di un quadro e di un buffo nanetto, con tanto di bombetta in testa e papillon al collo, di nome Giuda… Sfuggite alla tentazione!!! Ma non alle risate che vi strapperanno le tragicamente esilaranti vicende di Aldo, l’innamorato abbandonato, Bedelia, la bellissima e crudele carnefice, e Giuda, il fedele, e carognissimo, servitore… se avrete la fortuna di leggerle e non la sventura di incapparvi personalmente! 😉

Vanta un papà illustre la saga di Venerdì 12, come sapranno i più. Quel Leo Ortolani su cui grava la responsabilità 😉 di aver dato vita al famosissimo Rat-Man. Un fenomeno di comicità che, in breve tempo, ha conquistato un ampio pubblico di fedelissimi che ne seguono entusiasti le ingloriose disavv… le eroiche avventure 😉 nelle quali l’estro e l’abilità manipolatoria del suo malefico artefice lo precipitano.
Non di rado vicine di… pagina (a seguito della ristampa di “Venerdì 12” su “Rat-Man Collection” prima e su “Tutto Rat-man” poi) le due opere – la saga di Aldo, Bedelia e Giuda e le vicende del mitico Topastro che flette i muscoli ed è nel vuoto – pur condividendo un medesimo stile di scrittura, sono, vale la pena ricordarlo, concettualmente e strutturalmente differenti. Nondimeno possono appagare in egual misura il lettore.

Parola d’ordine: imprevedibilità! Ed è la riscoperta del piacere che può regalare la closure

Al di là, ovviamente, dei gusti personali e delle preferenze che la fanno sempre da padrone. Il recensore, ad esempio, si assume la responsabilità di scandalizzare i più agguerriti fan confessando che con Rat-Man non c’è stato il colpo di fulmine. C’è voluto del tempo per abituarsi al personaggio e alle sue gag demenziali e, in particolare, per entrare nel gioco che, come vedremo, Ortolani propone. Con “Venerdì 12”, al contrario, è stato amore a prima vista!

Uno stesso stile di scrittura, si diceva. Uguali i meccanismi su cui l’autore fa leva per attrarre e conquistare il lettore, divertendosi a tenerlo con il fiato sospeso. Parola d’ordine: imprevedibilità! Ed è la riscoperta del piacere che può regalare la closure, nella quale si addensa tutta la meravigliosa aspettativa per ciò che accadrà immediatamente dopo, avendo come unica certezza il non sapere cosa ci attende nel passaggio tra una vignetta e l’altra, come evolverà una situazione, uno scambio di battute… Ogni singolo episodio è come se contenesse in sé una doppia dimensione temporale: quella della narrazione e quella della reazione – personalissima – alla narrazione. Un tempo, quest’ultimo, dal ritmo… “spezzato” perché in agguato c’è sempre il cambio improvviso di “registro” che raggela, spiazza, commuove. Momenti di intenso pathos – enfatizzato nei testi e nei disegni – negati, sconfessati due secondi dopo da una beffarda risata, da una agghiacciante battutaccia, da un verso infantile, o anche solo – magari sempre all’interno della medesima vignetta – dall’espressione stolida, dall’atteggiamento irriverente e/o puerile di uno dei personaggi, dall’uso strumentale degli oggetti presenti.
Ed è anche per questo che non si riesce mai a credere – immaginiamo con somma soddisfazione del perfido Leo 🙂 – fino all’ultimo ai brevissimi istanti di tenerezza, squarci di poesia, che Ortolani concede con il contagocce alle sue creature. Non si riesce a credere, in particolare, a quei frammenti… “puri” dove la battuta non trova asilo; quelli che emozionano e commuovono di più perché, che si tratti dell’eroe Rat-Man o dell’infelice Aldo, restituiscono ai personaggi un barlume di umanità. Veri, piccoli atti d’amore del loro pudico creatore.

Un “gioco” che si rinnova episodio dopo episodio, nutrendosi dell’inventiva, della sensibilità, della capacità di Ortolani di rielaborare e proporre, parodiandolo, l’infinito materiale cinematografico, letterario, fumettistico, televisivo, a sua disposizione. Ma anche, in “Venerdì 12”, l’infinito materiale “umano”. Ad esso l’autore attinge con semplicità e immediatezza per consentirci di confrontarci, protetti dal filtro della risata, con una delle tante piccole, grandi, immense disavventure/tragedie che colpiscono l’essere umano.

Venerdì 12 trae linfa dalla vita vera, quella delle piccole gioie e dei grandi dolori. Quella di cui, quando e se possibile, non dispiace ridere un po’!

Senza rinunciare alla metafora ludica, che ci pare particolarmente indicata, potremmo dire che con l’eroe Rat-Man Ortolani invita il lettore ad un gioco… “di testa”, dove il non conoscere i vari riferimenti e rinvii al mondo del cinema, della letteratura, della televisione, del fumetto – l’universo narrativo, la struttura, in “Rat-Man” – può rendere difficoltosa, e qualche volta impedire, la fruizione completa e piena della storia offerta. “Venerdì 12” propone, invece, un gioco… “di cuore”, fondato sull’empatia con una situazione – l’abbandono da parte della donna amata/dell’uomo amato – che, in linea di massima, è parte del bagaglio (come esperienza vissuta o temuta, a vario titolo e nei vari ruoli) di ogni persona. Che all’origine di questa saga vi sia o meno una reale disavventura amorosa del buon Leo Ortolani, come pare voler avvalorare lo stesso autore all’interno dello speciale “Venerdì 12 – Le Origini”, è cosa del tutto ininfluente, se non nella misura in cui ha reso lo stesso particolarmente sensibile e attento alle singole e dolorose fasi che, con pur qualche variante sul tema, segnano il lungo e oscuro cammino di ogni innamorato/a abbandonato/a alla riconquista della Luce.

La vicenda raccontata in sé è, in effetti, come si diceva poco sopra, quanto di più “quotidiano” e, pur con i dovuti distinguo, universale possa esistere. Ortolani la scompone con rigore (sospetto ;-)) nei suoi tempi – dai quali non si fa mai tentare, rispettandone, piuttosto, la durata naturale -, le attribuisce i toni della tragedia e la carica esageratamente di pathos. Su tutto questo innesta la sua micidiale carica umoristica. L’effetto è chiaramente dirompente.

Piccoli cammeo i riferimenti cinematografici che “nobilitano” alcuni espedienti narrativi. La maschera indossata da Aldo, ad esempio, per nascondere la sua presunta mostruosità è una strizzata d’occhio al lettore che conosce, ma non impedisce di coglierne il senso anche a chi è a digiuno di un certo tipo di cinematografia. E così le scene dove il protagonista affida all’organo il compito di dare voce al suo dolore, e tutte le altre nelle quali l’autore indulge dando libero sfogo ad un’esigenza probabilmente iscritta nel suo DNA. Godibilissime a prescindere, anche perché divenute oramai patrimonio collettivo a seguito delle rivisitazioni delle fonti originarie in chiave filmica, fumettistica, pubblicitaria…

Da applausi a scena aperta i protagonisti maschili. L’impressione è che per entrambi, Aldo e Giuda, Ortolani abbia saccheggiato la tipologia… per ruolo e… tutti dentro un contenitore, chiuso ermeticamente, scosso vigorosamente il contenuto, scoperchiato… ecco l’esempio più abominevolmente mostruoso di innamorato abbandonato, seguito a ruota dalla più miserevolmente carognosa spalla su cui piangere e dalla quale essere confortati 🙂 Maschere, certo. Eppure così… vicine.
Ovviamente Aldo dovrà bere l’amaro calice fino in fondo, soffrire disperatamente davanti al quadro/feticcio con l’immagine di Bedelia, sperimentare le varie e improbabili terapie d’urto – dagli effetti imprevedibili – proposte da Giuda per aiutare il suo “padrune” a dimenticare, essere abbandonato dall’esasperato e sempre fedele servitore, trovarsi solo come – e con 😉 – un cane, rimanere disperatamente abbrancato al suo dolore, provare a risalire, cadere e riprovare ad alzarsi, per poi, quasi contro la propria volontà, a poco a poco, incominciare a guarire. “Venerdì 12” è anche il disperato cammino di un uomo che cerca di riscattarsi da un dolore che gli ha tolto dignità e che, in un perverso scambio, ha imparato ad amare.

E anche Giuda dovrà fare il suo dovere fino in fondo: spronare, rimproverare, minacciare, proporre, irridere per provocare una qualsiasi reazione, dare con discrezione tanto affetto e poi, quando tutto passa, sempre con discrezione farsi da parte. Un personaggio assolutamente splendido, costruito magnificamente. Capace di infierire con ostentata crudeltà e tuttavia sempre presente e complice. Davvero l’icona, e la metafora, del miglior amico da avere vicino nei momenti peggiori.

Bedelia, la bellissima carnefice:
un non-personaggio


Bedelia: non l’unico ma di certo il più importante personaggio femminile. Un non-personaggio, in realtà. Sì, perché noi non conosceremo mai la vera Bedelia. Quella che ci viene proposta è piuttosto una proiezione dei ricordi di Aldo. Una presenza simbiotica che si nutre del suo dolore. E che in una sorta di corto circuito si sdoppia nella sua mente, assumendo contemporaneamente le sembianze della Bedelia che Aldo avrebbe voluto lo amasse e di quella che, invece, l’ha rifiutato. Ne danno conto le vignette “schizofreniche” che la raccontano in un modo mentre i pensieri dell’innamorato, nelle didascalie, in un altro. Splendido espediente che al di là dell’immediato effetto gustosamente paradossale, è apprezzabile soprattutto perché in esso si consuma “finemente” la vendetta di Aldo. Che punisce nell’inconscio la sua Bedelia, dipingendola invariabilmente come una sorta di ninfomane per il rifiuto, senza perdere, contemporaneamente, il disperato sogno per ciò che non è stato. Ovviamente Aldo sa benissimo chi sia la donna di cui si è innamorato ma a noi non sarà dato, giustamente, scoprirlo. L’unica cosa certa è che per guarire definitivamente, Aldo dovrà uccidere il crudele fantasma cui ha dato, con il suo dolore, vita. Solo così gli sarà concesso di custodire il ricordo di ciò che realmente è stato il sentimento per questa donna (chiunque ella fosse) dentro uno dei cassetti dell’anima.

Non vi diremo niente di più e tanto meno vi sveleremo un finale che, lo ammettiamo, si arriva a temere ma che, invece, soddisfa appieno, in nulla sminuendo il piacere che ci ha accompagnato lungo la lettura dell’intera saga. Vi invitiamo piuttosto a scoprire personalmente gli altri personaggi (le battute, le situazioni…) che si alternano su questo grande palcoscenico di vita che è “Venerdì 12”.

Pasquale Laricchia

Cominciai a correre. Finché i muscoli non mi bruciarono e le vene non pomparono acido da batteria. Poi continuai a correre.

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