Paperino e le lenticchie di Babilonia (1960), di Romano Scarpa, è un caposaldo della produzione Disney italiana tornato alla ribalta di recente grazie a Il destino di Paperone, il séguito realizzato da Fabio Celoni che – sfruttando il finale aperto del racconto originale – ha concepito un ambizioso “what-if” ambientato ai giorni nostri ed in cui ha alzato ulteriormente la posta in palio per lo “zione”.
Ma torniamo alla storia di Scarpa, davvero atipica, e non certo perché riporti Paperino nel titolo quando il vero protagonista è appunto Paperone. Va infatti ricordato che all’epoca il magnate era ancora una figura relativamente “giovane” nell’universo narrativo Disney, essendo trascorsi solo 13 anni da quel “Paperino e il Natale sul Monte Orso” con cui Carl Barks lo introdusse per la prima volta.
“Paperino e le lenticchie di Babilonia” ha la particolarità, innanzitutto, di iniziare dalla fine, precisamente da una situazione inattesa (Zio Paperone ridotto a uno straccione) per poi rivelare come, lungo una trama che ricopre vari mesi di vita dei paperi, si sia arrivati a quel punto: una soluzione narrativa che dona al tutto un senso di tragedia ineluttabile.
Il “come” sarà a sua volta una sorpresa: i Bassotti hanno acquisito legalmente tutti i suoi averi, ma è stato Paperone a rovinarsi con le sue mani nel campo a lui più congeniale, gli affari, senza che i primi fossero andati a cercarlo. Poi, si sa, i Bassotti sono dei ladri e ne traggono ogni vantaggio possibile: hanno tuttavia pietà dell’ex-magnate ormai sul lastrico (o più probabilmente vogliono tenerlo sotto controllo, non fidandosi delle inesauribili capacità del vecchio nemico) e gli concedono di non finire all’ospizio. Paperone rifiuta invece l’aiuto dei nipoti, quanto mai impacciati nei suoi riguardi, pur di continuare a mostrarsi forte e sicuro di sé anche se in realtà ha perso ogni speranza.
Ma il vero shock arriva con un finale stupefacente, perché il ripristino dello status quo non è affatto mostrato, bensì solo suggerito. Una soluzione coraggiosa, che magnifica ulteriormente il vortice di emozioni da vera famiglia che Paperone e i suoi nipoti hanno regalato: orgoglio, imbarazzo, fiducia, forza, incoraggiamento all’esterno anche se interiormente non ci si crede, disillusione, disperazione.
“Paperino e le lenticchie di Babilonia” è stata analizzata in lungo e in largo e in rete potrete trovare analisi approfondite. Sono tra i lettori che si sono avvicinati a questo classico dopo l’irrinunciabile acquisto del numero 3500 di Topolino, in cui iniziava la storia di Celoni, e in questa sede voglio solo soffermarmi su quanto quel finale sospeso sia perfetto su un piano di intensità narrativa.
Ho infatti recuperato questa storia grazie alla Trilogia di Paperino (Classici Disney n° 27, marzo 1979, che ripropone il n° 15 dei Classici prima serie datato 1964). Come per le altre ristampe dell’epoca in questa forma, presentava un filo conduttore inedito tra gli episodi al suo interno, in questo caso scritto da Gian Giacomo Dalmasso e illustrato da Giuseppe Perego. “Paperino e le lenticchie di Babilonia” è così introdotta da una sequenza in cui Paperino, in bolletta come sempre e che ora non può più battere cassa con lo zio, decide di provarci con i Bassotti, che nel frattempo fanno una vita da nababbi con tanto di passeggiata quotidiana… in dirigibile. I Bassotti colgono l’occasione e assumono Paperino, a 1000 dollari al mese, per essere informati sull’andamento degli esperimenti di Paperone con le sterili lenticchie di Babilonia, perché riuscire a farle germogliare è la sola clausola che gli consentirebbe di riappropriarsi dei suoi averi: ovviamente non resterebbero a guardare e agirebbero in modo fraudolento se le cose dovessero girare male per loro. E a questo punto, in flashback, parte l’episodio di Scarpa.
Al di là dell’infelice trovata sulla slealtà di Paperino, il raccordo diventa interessante al termine della storia (e devo dire che non potevo credere ai miei occhi quando ho visto sopraggiungere l’inconfondibile tratto di Perego, perché sapevo benissimo cosa volesse dire): viene infatti mostrato il risveglio di Paperone la mattina successiva, in cui scopre che la lenticchia è germogliata e, dopo il giubilo iniziale, telefona ai nipoti. E Qui, Quo e Qua, messo fuori gioco lo zio Paperino, consigliano Paperone di convocare un collegio di notai per certificare il fatto e non avere così ostacoli legali per la restituzione del suo patrimonio. Quanto al “traditore” Paperino, riuscirà a scampare alla ritorsione dei Bassotti ed anche a riabilitarsi anche agli occhi di Paperone.
Al di là dello scivolone su Paperino, la sequenza sopra descritta, subito dopo il poetico finale sospeso di Scarpa, è una controprova illuminante: un finale più compiuto per “Paperino e le lenticchie di Babilonia” sarebbe stato un anti-climax, realmente necessario solo per i Classici Disney di una volta.
Si ha l’impressione che qualche tempo dopo, con il sopraggiungere di nuovi personaggi (e vincoli) narrativi nel cosmo paperopolese, un’idea narrativa come quella delle Lenticchie non potrebbe più essere concepita. Per fortuna, Scarpa l’ha avuta in tempo.
(Alberto Becattini*)
Questa storia può essere riletta nel n° 5 dell’opera omnia di Scarpa, collaterale del Corriere della Sera in cui appare un altro capolavoro di cui abbiamo parlato recentemente, Topolino Imperatore della Calidornia.
PAPERINO E LE LENTICCHIE DI BABILONIA
Testi e disegni di Romano Scarpa (con il contributo alle chine di Rodolfo Cimino)
Prima pubblicazione: Topolino N° 250 & 251, 11 & 18 settembre 1960, 36+35 pagine
Prima ristampa: I Classici Walt Disney (prima serie) n° 15 (Trilogia di Paperino), luglio 1964, 71 pagine
Ristampa consigliata: Le grandi storie Disney – L’opera omnia di Romano Scarpa,
volume n° 5, febbraio 2014, 71 pagine
*La citazione di Alberto Becattini è tratta dal collaterale del Corriere della Sera sopra indicato, dedicato alla ristampa integrale delle opere di Romano Scarpa