Il ritorno di Leo Ortolani con Night-Man
Volendo porre la questione in termini e princìpi propri della knowledge organization, Leo Ortolani è passato dall’avere cose da dire, ma non sapere come dirlo, al sapere come dire le cose, ma non avere più nulla da dire.
Per chi invece (bontà sua!) si accontenta di un giudizio anche meno accademico, va detto che Leo Ortolani ha dichiarato, qui come anche altrove, di essere tornato a scartabellare tra la non irrisoria quantità di materiale narrativo che ha messo su nella sua giovinezza e anche prima, cercando di rinvigorire le idee di partenza risalenti ad allora, adeguando ovviamente lo stile di linguaggio e scrittura. È già successo con Il cercatore e Matana, ed ora tocca a questa contaminatio tra una parodia di Freddie Kruger e l’eredità spirituale del mai troppo celebrato Venerdì 12.
Il gioco è presto svelato: i personaggi di Aldo e Giuda sono adesso riproposti nei panni dell’Uomo Nero, signore degli incubi, e di Stipsy, suo (sempre improbabile) servitore. Entrambi, come tanti altri mostri dell’inconscio (fantasmi, mummie etc.) sono a loro volta al servizio della Paura, entità suprema che ha il compito di regolamentare in qualche modo la funzione dell’omonimo sentimento nell’ambito del vasto oceano mare di sensazioni su cui galleggia l’animo umano. Funzione analoga è poi svolta da altre figure come Ebecèrto, “titolare” della sfera dei sogni d’oro e, in quanto padrone assoluto nella sua porzione di terre oniriche, capace di imporsi sull’agire anche dei peggiori esponenti dell’incubo.
Lo spunto di partenza della miniserie non è alla fine banale: cosa accadrebbe se l’uomo nero si innamorasse della donna che è stato mandato a spaventare? Purtroppo, il modo in cui l’autore sviluppa la risposta si dimostra eccessivamente stiracchiato – e farraginoso in più punti. Per meglio dire: la struttura narrativa, chiaramente pensata per una scansione in più parti, è orchestrata in modo tale che il lettore non debba andare ogni mese a riprendere i numeri precedenti, perché i personaggi si preoccupano ogni due per tre di rispiegare il perché e il percome stia avvenendo ciò che sta avvenendo, e come si sia arrivati sin lì. Il risultato è che, appunto, lo spazio rimanente per far proseguire la vicenda è davvero ben poca cosa in ogni singolo numero; a ciò si aggiunge anche un limitat(issim)o numero di tavole per ogni episodio, per cui a conti fatti la velocità di deriva generale risulta molto bassa, come già detto in passato.
Inoltre, l’autore mette in scena una figura femminile (Anna Badaloni, oggetto dell’amore dell’Uomo Nero) fin troppo svampita – nonostante ciò sia funzionale alla trama, come emerge alla fine. Intendiamoci: Ortolani è sempre bravissimo a gestire tempi comici, battute e scenette, ma:
a) la caratterizzazione di Anna sa troppo di “pilota automatico”, e la sua interazione con l’Uomo Nero diventa ad un certo punto troppo telefonata, per chi ha già un minimo di dimestichezza con le tecniche e acrobazie di scrittura del buon Leo;
b) la coppia di protagonisti, pur essendo dichiaratamente plasmata su precedenti personaggi dello stesso autore, ne scimmiotta troppo (anche qui) le modalità di interazione, e come sempre accade in casi come questo, il confronto con l’originale non è mai vincente.
Tutto questo viene ovviamente inframezzato dalla solita miriade di celie, facezie e trovate varie di sempre pregevole fattura, sebbene anche qui il perfetto rodaggio dei meccanismi venga ormai più facilmente alla luce, nel tentativo (pur continuo e necessario) di adeguarsi ai trend topic correnti: è il caso ad esempio dei riferimenti al #metoo, o al film Wakanda Forever, ma la lista è ben più lunga. Per concludere, il twist finale richiama molto da vicino altre “eterne” personificazioni delle pulsioni umane, ma se lì determinate questioni come dire “di famiglia”, se pure mai appieno spiegate, si articolavano con adeguati tempi e modi, qui lo spazio (molto esiguo) a disposizione lascia in pratica l’interrogativo inevaso, così che anche il respiro del finale rimane in parte spezzato.
A chiunque quindi avesse pensato di (ri)leggere Venerdì 12 per approcciarsi in maniera più preparata a questa sua parziale riproposizione, il consiglio spassionato è quello di invertire la sequenza: l’enorme valore intrinseco di Aldo e Giuda, anche grazie al ruolo forte di Bedelia, rimane ben più in alto del livello espresso da questa nuova miniserie – e Anna non è assolutamente al pari di altri personaggi femminili nati dall’immaginazione di Ortolani; le atmosfere alla Nightmare vengono sin da subito rielaborate in tono parodistico, per cui da quel punto di vista non traspare alcun pathos funzionale al proseguimento del plot; il perfetto meccanismo narrativo messo a punto dall’autore è un cerchio che si chiude perfettamente… ma stavolta, dentro il cerchio, per un lettore di vecchia data rimane un po’ poco da ammirare.
Forse che Ortolani, ripartendo dalle sue origini, si stia nuovamente incamminando lungo la sua (ormai nota) parabola evolutiva, per intercettare una nuova generazione di pubblico? Se è così, ci si augura che una riproposizione di Rat-Man non debba mai vedere la luce!
Per approfondire: la nostra recensione del primo volume della serie.