Il primo incontro riservato alla stampa con gli ospiti di rilievo di questa edizione 2022 di Lucca Comics and Games è fissato con uno degli autori internazionali invitati: Atsushi Ohkubo, sceneggiatore e disegnatore di Soul Eater e Fire Force che si presenta in leggero ritardo e dà al moderatore il tempo di chiarire le regole dell’incontro – consuetudine tipica di alcuni incontri con la stampa, soprattutto con autori giapponesi – che verranno in buona parte disattese come da italica tradizione.
Nonostante la disponibilità e la cortesia tipica degli autori del sol levante, la prima impressione è di una grande stanchezza: più volte l’autore si intrattiene a parlare con quello che sembra essere il suo editor prima di dare la risposta, quasi non ricordi bene le circostanze relative agli eventi di cui viene chiesto. Più di una volta la sua risposta sarà stringata, a volte non esaustiva.

Ciononostante i partecipanti alla conferenza stampa lo incalzano, segno della curiosità che destano gli shonen anomali che sono le sue opere.
Così Ohkubo racconta che l’idea di Fire Force nasce sostanzialmente dalla sua voglia di continuare a disegnare manga shonen pur cercando di distaccarsi dalle tematiche più comuni e che, volendo disegnare un manga con personaggi in uniforme, le uniformi da pompiere erano qualcosa di sicuramente non visto.
La domanda successiva, sulla possibilità che l’emergenza climatica che ormai viviamo da anni con numerosi e violenti incendi e che non ha lasciato indenne neanche il Giappone con disastrose alluvioni abbia influenzato la sua opera va sostanzialmente senza risposta. Evidentemente non c’è mai stato questo retropensiero.

Molto pensati sono invece i personaggi: la loro particolarità sia estetica che caratteriale è frutto della volontà di Ohkubo di creare personaggi carismatici che divertano il lettore. Crearli sfaccettati mettendo in ciascuno di loro diversi aspetti è il metodo che lui usa per raggiungere questo obiettivo. Sono 3, infatti, gli elementi per lui imprescindibili nei suoi manga: la componente comica, quella drammatica e quella sexy (in questo caso il suo primo pensiero è rivolto al personaggio di Tamaki Kotatsu di Fire Force).
A domanda rivolta, risponde che i suoi personaggi preferiti di Fire Force sono Arthur Boyle e Shinmon Benimaru, mentre in Soul Eater una grande importanza ha Excalibur. La spada demoniaca senziente è per Ohkubo un grande omaggio a quell’arma leggendaria famosa in tutto il mondo e che sentiva di dover inserire nelle sue opere.
Inevitabilmente arriva la domanda su come si è evoluto il suo lavoro dagli esordi ad oggi ma, a quanto sembra, non lo percepisce molto cambiato. Letteralmente lo considera ancora oggi una grande fatica, logorante al punto che arriva a non farcela (e questo un po’ conferma l’impressione generale dell’incontro) e ad avere assoluto bisogno di riposo.
Infatti subito dopo gli viene chiesto conferma della sua dichiarazione di volersi ritirare con Fire Force. La risposta è un “forse” sorprendente, ma neanche tanto. L’autore aveva in effetti fatto questa dichiarazione in corso d’opera, ma Ohkubo ci tiene a sottolineare che la stessa cosa l’aveva dichiarata anche in finale di Soul Eater e, insomma, cambiare idea è sempre possibile. Su questa incertezza poi chiude scherzando sul fatto che sta valutando se si possano usare dei bot per fare il suo lavoro.
L’ultima parte dell’incontro si avvia a tematiche più filosofiche: per Ohkubo i conflitti interiori diventano conflitti esteriori e le contraddizioni si sprecano. Inevitabilmente questo emerge nello scambio di domande e risposte.
In Soul Eater ad esempio i personaggi devono combattere gli emissari – concreti – della follia ma contemporaneamente non possono vincere senza concedersi essi stessi la follia che si portano dentro. Quindi la curiosità su cosa sia la follia per Ohkubo emerge in più di una domanda ma ottiene risposte abbastanza laconiche. La sostanza della follia per Ohkubo è l’insicurezza, un sentimento che sembra adattissimo allo shonen perchè gli adolescenti la percepiscono fortemente, ma che sicuramente coinvolge anche gli adulti, visto che il successo dello shonen moderno ha travalicato le fasce d’età. Ed Ohkubo ribadisce che la follia, quindi l’insicurezza e tutti i sentimenti percepiti come negativi, sono indispensabili: senza, moriremmo.

In Fire Force invece le contraddizioni coinvolgono tanto l’azione dei personaggi che sono esecutori che uccidono corpi divorati da fiamme demoniache per salvare le anime, quanto la struttura di potere che vede protagonista una chiesa portatrice di valori salvifici in apparenza ma intenzionata in realtà a scatenare una Apocalisse.

Il primo chiarimento è che non vi è una intenzione critica verso la religione: nella teologia giapponese la contrapposizione di molteplici divinità salvifiche o distruttrici (o entrambe le cose a seconda dei momenti) è la norma, quasi un fatto quotidiano. Il secondo è che la contraddizione che i personaggi vivono è l’esatto opposto di quella vissuta dai personaggi di Soul Eater in cui anime venivano salvate e selezionate al fine di accrescere un “potenziale bellico” utile ad uccidere. (In realtà, se mi si permette la considerazione da semplice lettore, questo significato era tutt’altro che evidente). Soul Eater era un manga sull’importanza della vita, secondo Ohkubo, Fire Force sul suo compimento.
In questo senso si giustifica anche il legame tra i due manga che, però, manteniamo sotto spoiler per rispetto di tutti i lettori che hanno magari letto e finito Soul Eater ma non Fire Force.