Qualche tempo fa scrissi che preferisco non scrivere stroncature…
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tranne quando me le tirano proprio fuori dalle mani!
Parliamoci chiaro, la pubblicazione di perle come Demon Slave, o del già recensito Super Hxeros, si può giustificare solo con una frase: “Vincoli contrattuali”.
“Ti diamo un pezzo da 90 ma tu devi pubblicare almeno due scarti di magazzino”.
O così o qualcuno nella selezione dei titoli da pubblicare in Planet Manga ha dei momenti di momentanea alienazione.
Perchè se vuoi pubblicare una rom-com c’è un Grand Blue Dreaming che sta aspettando in panchina senza alcun motivo se non uno sgarbo dell’allenatore.
Se vuoi dare spazio a Donne di Menare che, mentre si mostrano in canottiera e mutande, puliscono i muri con la faccia di maschi che non sanno tenerlo a posto, Killing Bites è semplicemente il manga da pubblicare.
E se hai deciso di unire porno, commedia e azione, con una sceneggiatura ad orologeria che supera ogni basso istinto e dà senso alla dicitura “per adulti” allora c’è Hagure Idol Jigoku-hen.
Insomma, perchè Demon Slave? Perchè?
Per essere chiari, sono talmente poco impressionato da questo titolo che non posterò immagini oltre alla copertina del primo volume, in quanto preferirei evitare che l’algoritmo di Google, programmato evidentemente dagli stagisti sottopagati che non sono stati utilizzati per – l’inesistente – servizio di segnalazione di falsi positivi, segnali per l’ennesima volta nostre pagine come “contenuto per adulti” (se volete farvi una risata è successo qui, qui e qui ), anche se, come facilmente immaginerete, di ciccia “per adulti” ce n’è veramente poca.
Basta pensare che la, chiamiamola così, trama si svolge nel classico Giappone Contemporaneo Alternativo (GCA per gli amici) in cui ad un certo punto hanno cominciato ad aprirsi varchi su una dimensione demoniaca da cui sono usciti, in pari misura, demoni e “Pesche”: sorta di fatine (di cui non si vede esemplare dotato di caratteristiche distintive) che legandosi esclusivamente ad esponenti del sesso femminile donano loro poteri soprannaturali. Conseguentemente la popolazione maschile si trova ridotta ad appendice di una “razza superiore”… senza che però questo paia cambiare minimamente la quotidianità. Scuole miste, club scolastici, adolescenti maschi ossessionati dall’idea di “caricare” ed adolescenti femmine infastidite-ma-lusingate.
Sconvolgerà, chiaramente, sapere che il protagonista e punto di vista del lettore in questo Giappone Contemporaneo “più o meno” Alternativo (GCpomA) è un… (tenetemi la mano, è molto difficile per me) “Normale Studente Giapponese”.
Il pacchetto è quello standard: orfano (o comunque con genitori di cui non si sa niente), gran cuore e senso del dovere, ottimo casalingo e, per buona misura, ossessionato dalla figura della Sorella Maggiore (rigorose maiuscole) dispersa in un varco e, quindi, sicuramente morta.
Sicuramente, eh?!?
Il manga ci tiene a sottolineare che nessun umano è mai sopravvissuto alla caduta in un varco, solo le ragazze dotate di poteri combattivi possono farcela ma tutte loro sono diventate Mabotai: guerriere inquadrate in ranghi militari con la missione di proteggere i bravi cittadini.
Quindi, niente, la Sorella Maggiore sarà sicuramente morta… o no? (dun! dun! duuuuuun!!)
Comunque Yuki, il nostro NSG con complesso della Sorella Maggiore (NSGcCSM), cade in un varco e viene salvato da una Mabotai in tenuta da sexy-tenente, Kioka, il cui potere conferitogli da una Pesca è di sottomettere con un collare magico un individuo a sua scelta e trasformarlo in un guerriero invincibile.
Pagando questo privilegio con il dover soddisfare una fantasia erotica proporzionale al servizio ottenuto dallo schiavo…
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No, vabbeh, non ce la posso fare.
Non so se mi irrita più l’idea che arriva quasi al demenziale ma non ha il coraggio di fare quel passo in più e diventare pura parodia o la prevedibilità del seguito: scoperto il livello di “potenza” che Yuki riesce a sprigionare quando “schiavizzato”, in quattro e quatr’otto viene assegnato ad un dormitorio del corpo di difesa con funzione di… inserviente. Ed in quattro e quatr’otto farà conoscenza con le commilitone di Kioka, ognuna caratterizzata da un fetish ed ognuna, altrettanto ovviamente, destinata ad avere con lui un burrascoso rapporto a base di equivoci ed erotismo più o meno accidentale.
In realtà, probabilmente, la cosa che mi irrita di più è l’ipocrisia di fondo di questo fumetto che simula di voler scrivere una nuova pagina del capitolo “Donne di Menare” ma in realtà porta un messaggio chiaro: si illudano pure le ragazze di avere il potere ma, alla fine, senza il bravo ragazzo non possono fare nulla.
Paragonato ad uno qualsiasi dei titoli che ho citato all’inizio, e senza scomodare capolavori come FullMetal Alchemist o divertite cialtronate come Kakegurui, Demon Slave rivela immediatamente il suo sessismo.
Non stupisce che alla sceneggiatura abbiamo Takahiro, già sceneggiatore di Akame Ga Kill: manga shonen tra i più sopravvalutati della contemporaneità ed ottimo argomento a favore di quelli che “i manga glorificano la violenza per vendere”. Le capacità, evidentemente, quelle sono.
L’unico punto di merito sono i disegni ad opera di Youhei Takemura che funzionano tanto nel rendere l’appeal delle protagoniste (il protagonista è, direi meritatamente, abbastanza privo di punti caratteristici) quanto nel renderle credibili come combattenti shonen. Funzionano un po’ meno bene, almeno in questo primo volume, nei combattimenti con anonimi demoni tutti uguali e proprio per nulla nel dare una qualsiasi identità all’ambientazione. Come si suol dire: troppo poco, troppo tardi.
Insomma, ripeto, dateci Grand Blue, dateci Killing Bites, dateci Hagure Idol.
Tenetevi Demon Slave.