Come già accennato in un mio precedente articolo, nei primi anni di vita dei settimanali Eura il predominio quantitativo (e anche qualitativo, a dire il vero) delle historietas era indiscutibile. Basta sfogliare i primi numeri di Lanciostory, usciti nel 1975, per avere un riscontro immediato: nel Numero Zero esordiva Yor il cacciatore disegnato da Zanotto, mentre nei numeri immediatamente successivi iniziavano serie come Il Cobra e L’uomo di Richmond, con disegni di Arturo Del Castillo ed Ernesto Garcia Seijas. Due anni dopo, l’esordio di Skorpio era contraddistinto da un clamoroso en-plein sudamericano: infatti i disegnatori delle storie presenti nel primo numero erano Zanotto, Garcia Seijas, Altuna, Arias, Garcia Duran e Alcatena (spesso gli autori dei testi non erano indicati).
Ad affiancare le historietas, per lungo tempo (le BD franco-belghe sarebbero arrivate soltanto verso la fine degli anni ’70), furono vari fumetti italiani spesso di qualità non eccelsa: basti ricordare la serie Ken & Dan, direttamente trasposta dalla collana Le avventure di Jacques Douglas dei fotoromanzi Lancio, oppure il western Alamo Kid il cui protagonista aveva le fattezze di Alain Delon… da brividi il lancio in copertina nel numero 16 della I annata di Lanciostory: “In questo numero debutta Alamo Kid, il primo playboy del West” (caspiterina!***).
Non mancavano, tuttavia, eccezioni di qualità: nel 1977 su Lanciostory debutta Billy & Pupa di Guido Buzzelli ma soprattutto, in curiosa coincidenza con l’esordio del bonelliano Ken Parker in edicola, il numero 40 della I annata di Skorpio pubblica il primo episodio di Welcome to Springville, serie scritta da Giancarlo Berardi e disegnata da Renzo Calegari e Ivo Milazzo.
Molto è stato scritto su questo western atipico e corale, diverso dagli stereotipi delle altre serie dello stesso genere pubblicate in quel periodo, dalle atmosfere che sembrano richiamare – sin dai titoli dei singoli episodi – le epigrafi dell’Antologia di Spoon River: per alcune interessanti disamine rinvio volentieri all’articolo di uBC, a cura di Patrick Martinotta, dedicato al volume del 2014 edito da Mondadori Comics, in cui vengono raccolti i sette episodi disegnati da Calegari.
Da parte mia mi limiterò a ricordare che, dopo l’esordio nel numero 40 (cui Skorpio dedica anche la copertina), la pubblicazione è stata – purtroppo – quanto mai saltuaria: tra un episodio e l’altro passano quattro albi, che diventano poi cinque, sei e addirittura otto tra il nono e il decimo episodio, apparso sul numero 39 della II annata. Dopodiché, per leggere l’episodio conclusivo, eccezionalmente diviso in due parti, i lettori dovranno attendere i numeri 20 e 21 della III annata di Skorpio, nel 1979 (e non nel 1983, come erroneamente indicato da Martinotta).
A parziale consolazione, uno strillone in copertina indica chiaramente che si tratta dell’ultimo episodio, pur abbreviandolo – come già successo nello strillone del numero precedente – a un semplice “Springville”.
Western atipico e corale, dicevo: Berardi recupera infatti – a modo suo, naturalmente – alcuni luoghi comuni del genere ma portando alla ribalta gli abitanti di Springville, un’archetipica boom town nata, come migliaia di altre, durante l’espansione verso il mitico Far West.
Alcuni di questi anonimi personaggi assurgono per qualche istante al livello di protagonisti ben più famosi, compiendo gesti eroici che li risollevano dalle loro mediocri esistenze: basterà citare l’ex sceriffo Brian Walker che, nel primo episodio, non esita a indossare nuovamente la stella per affrontare il prepotente latifondista di turno e due suoi scagnozzi, sconfiggendoli in duello per poi tornare nella quiete di casa sua. Non mancano nemmeno episodi più scanzonati, come quello in cui Virgil Blake e Quanah dibattono sull’interiezione “ugh”, che “tutti gli indiani […] dicono nei momenti importanti“.
In definitiva, una serie molto interessante impreziosita dai disegni di Calegari e Milazzo, purtroppo penalizzata – all’epoca – dalla periodicità troppo saltuaria.
***Lo so che qui ci sarebbe stata meglio un’interiezione romanesca di quelle che Antonio Manzini fa continuamente proferire al suo vicequestore Rocco Schiavone, ma mi sono autocensurato…
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