Mirko Perniola riporta Harlan nella Bassa Padana dopo il n.66 Il grande fiume e ritrova la bella Bianca Bandinetti per una nuova escursione tra gli orrori nostrani. I collegamenti con la continuity dampyriana però si esauriscono qui (in vero c’è anche il discorso sulle Zone d’Ombra): questa storia si palesa infatti più come fill-in che come vero e proprio prodotto dampyriano.
Non ci sono vampiri, non ci sono Tesla e Kurjak, c’è solo la riproposizione di uno dei topos classici del genere horror: l’orfanotrofio psichiatrico.
La forza dell’albo sta proprio tutta qui, nella capacità di Mirko Perniola e Paolo Raffaeli di giocare sapientemente con l’orrore classico caratterizzato dal mix letale di bambini fantasma, suore cattive e lugubre luogo abbandonato. Se infatti i riferimenti del genere sono tanti e ovvi (Orphan, The Nun, House of Voices, L’istituto ecc.), la capacità di Perniola di legare tali vicende al senso di colpa e alla paura sociale del piccolo borgo italiano donano forza e sostanza alla trama. L’albo riesce così anche ad esplorare una tematica oscura e tremenda della storia recente.
In tutto questo, Harlan è forse il personaggio più fuori posto, tanto da poterlo immaginare quasi intercambiabile con Dylan Dog. Anche i disegni di Raffaelli premiano spesso più le atmosfere e le situazioni che la fisionomia del protagonista.
Rimane comunque una piacevole lettura che scorre bene – anche se forzata in alcuni passaggi – e che si caratterizza come un’interessante digressione horror.