Unflattening nasce come tesi di dottorato che, vista la particolare natura conferita da Nick Sousanis: il suo autore, si è ben prestata ad una pubblicazione commerciale, prima in America e poi, grazie a Lavieri, anche in Italia.
Descrivere quest’opera non è certamente semplice data la vastità degli argomenti trattati e la forma con cui vengono trattati. In estrema sintesi si tratta di un saggio sull’importanza dell’interazione tra parola scritta e immagine, al fine di promuovere nel lettore una diversa costruzione di senso: più completa e complessa. Il lavoro non vorrebbe limitarsi all’esposizione della tesi ma vorrebbe rappresentare un esempio concreto di questa potenzialità.
Questo, almeno, il tema centrale; in realtà l’opera propone un approccio allargato alle percezioni tutte, fino a rasentare l’olismo.
Il problema di questo lavoro inizia quando si passa dalle intenzioni generiche: ottime, al contenuto specifico: non altrettanto ottimo.



Posto il fatto che la denuncia di una supremazia della cultura scritta su quella visuale non è un argomento così innovativo come sembra suggerire l’autore e che l’identificazione del fumetto come linguaggio riconciliante tra le due visioni non costituisce un primato per Unflattening, la delusione però nasce al momento dell’esemplificazione di questi concetti, esemplificazione che avrebbe dovuto invece costituire l’elemento caratterizzante dell’opera. Nick Sousanis non riesce mai a mostrare questa crasi perfetta tra parola e disegno anzi, per assurdo, si assiste ad una sudditanza grafica palesata da un’eccessiva verbosità scadente spesso nello sterile didascalismo, tendenza qui più grave che altrove.
Nell’impostazione scelta dall’autore Statunitense si nota una forte trazione scientifica, gli ambiti lambiti sono tra i più disparati: matematica, fisica, biologia e poi, i calcoli di Eratostene, la visione di Cartesio, i frattali di Mandelbrot fino ad arrivare al capolavoro Flatland di Edwin Abbott Abbott richiamato già dal titolo. Per quanto questa componente possa essere interessante, il più delle volte appare pretestuosa, forzata, la sua presenza non appare giustificata del tutto se non da una vanitosa ostentazione o fissazione di Sousanis.
Insomma per dirla in parole povere Unflattening “predica bene e razzola male”, benché non ami molto l’impiego di frasi fatte, quella predica centra esattamente un



altro problema. A volte la sensazione è quella di essersi imbattuti in una sorta di libro new age; l’impiego continuo di espressioni come: svegliatevi, aprire gli occhi, allargate la mente, mal si sposa con una pubblicazione accademica come dovrebbe essere questa. Sembra di trovarsi di fronte, più che all’esposizione di una tesi, ad una rivelazione mistico/massonica. Non amo affatto questo tipo di divulgazione la quale, per altro, alza notevolmente il mio livello di diffidenza. Credo che un argomento, tutto sommato, serio e affatto banale come quello scelto da Suosanis, meritasse una trattazione un po’ più rispettosa, soprattutto nei confronti dei lettori.
La sensazione finale è quella di un’opera che manca, quasi completamente, l’obiettivo prefissato; questo è sinceramente un peccato: è un peccato perché l’argomento è di sicuro interesse, è un peccato perché alcune soluzioni grafiche sarebbero anche interessanti, è un peccato perché le note finali dell’autore sono molto istruttive e gettano un’interessante luce sul processo creativo delle tavole che difficilmente si ritrova altrove ed è un peccato soprattutto perché visivamente (in particolar modo le splash page) sono di una piacevolissima potenza e impatto; troppo didascalismo, troppo citazionismo e in generale un po’ troppa saccenza hanno rovinato un’opera su cui avevo riposto aspettative altissime.
Questa volta più che mai l’articolo rappresenta il mio personale punto di vista. Tutta la stampa specializzata è unanime nel definire Unflattening un capolavoro, anche Daniele Barbieri (a mio parere uno degli studiosi di fumetto più interessanti degli ultimi anni), che ne cura la postfazione, è completamente allineato nel giudizio positivo; trovo giusto quindi sottolinare questa mia dissonanza. Mio malgrado e non senza una buona dose di disagio mi vedo costretto a fare la parte del bastian contrario, ma non posso fare a meno di considerare Unflattening un lavoro sopravvalutato.


