Ammetto che ero un po’ indeciso se inserire questo pezzo nella rubrica apprezzata da migliaia e migliaia di lettori o se promuoverlo alla più recente “Dal Forziere“.
Alla fine ha prevalso la moderazione, non in quanto Lunar Legend Tsukihime, pubblicato qualche anno fa da Star Comics, sia un fumetto “medio” ma più per il fatto che può dispiegare completamente la sua potenzialità solo se il lettore fa parte di quella nicchia che sa a cosa ci si riferisce quando si parla di Nasuverse.
Detta brevemente, il Nasuverse è il soprannome che un manipolo di fan ha affibbiato all’universo narrativo creato da Kinoko Nasu, uno sceneggiatore indipendente di Visual Novel (quelle che in tempi andati si definiva “avventure testuali”) che con un manipolo di sodali ha fondato la TypeMoon, piccola software house amatoriale. Il loro primo titolo fu, appunto, Lunar Legend Tsukihime (Tsukihime si può tradurre in “Principessa Lunare”), che divenne immediatamente un cult in grado si sfondare le barriere nazionali e guadagnarsi traduzioni non ufficiali in decine di lingue nonostante si trattasse di un titolo di nicchia in un genere videoludico ancora più di nicchia.

A decretarne il successo, data la tipologia di gioco, fu sicuramente lo stile narrativo di Nasu, capace di suggerire (e poi successivamente espandere) un mondo contemporaneo nelle cui zone d’ombra si cela quello che in epoca romantica veniva definito “sublime”: mostruosità a tal punto superiori alla comprensione umana da affascinare anche nel momento in cui significano morte certa. Esseri sublimi che hanno forma di uomini e donne, in alcuni casi sono persino umani “maledetti” da talenti che solo a malapena controllano o da destini che significano solo solitudine, che si muovono tra gli umani ma “parallelamente” a loro, vivendo e morendo secondo un’etica ed una morale completamente “loro”.
Il videogioco Tsukihime raccontava la storia di Shiki Tohno un finoalprimocapitolodellastorianormalestudentegiapponese (inaspettato, vero? Ci ho messo un po’ anche io a riprendermi dalla sorpresa…) che ritorna nella casa di famiglia dopo la morte del potente padre che lo aveva disconosciuto in quanto cagionevole di salute. Shiki infatti ha due caratteristiche “non normali”, la prima è la cicatrice lasciata da una ferita quasi letale subita in un “incidente” che lo ha lasciato anemico e fragile, la seconda è la possibilità di vedere le “linee della morte”. Linee che di ogni entità, animata o inanimata, indicano i punti deboli assoluti, i punti dove colpire per causarne l’estinzione.
Questo potere, come una calamita, aveva attirato prima una maga di incredibile potenza, che gli aveva donato degli occhiali mistici in grado di bloccare una vista che, altrimenti, lo avrebbe portato alla pazzia e poi altre entità soprannaturali, alcune incredibilmente vicine a lui.

La visual novel permetteva al giocatore di farsi narrare (“giocare” è un po’ eccessivo, visto il genere) cinque storie (o punti di vista) differenti distinte nelle “due facce della luna”: la “faccia vicina” raccontava dell’incontro di Shiki con la Principessa Vampiro Arcueid Brunestud, bellissima e potentissima “arma a ricerca automatica” incaricata dello sterminio di tutti i Discepoli della morte, gli umani diventati vampiri tramite rituali maledetti o l’intervento di un Progenitore, e con la immortale Esecutrice della Santa Romana Chiesa Ciel, entrambe sulle tracce del più potente e dannoso tra i Discepoli: Roa “Il Serpente di Akasha” capace di trasmigrare la sua anima in persone di alto lignaggio e grande talento.
La “faccia lontana” ignorava invece quasi totalmente questa narrazione per concentrarsi sugli orribili segreti nascosti dietro la rispettabile facciata della famiglia Tohno, portandoci a conoscere i sentimenti, le passioni e barlumi di “umanissima disumanità” della affezionata sorella Akiha Tohno e delle due servitrici “gemelle diverse” Hisui e Kohaku.
L’opera completa era un continuo crescendo in cui ogni eroina diveniva il vero e proprio fulcro e chiave di lettura, permettendo di apprezzare personalità diversissime e coerenti, tutte macchiate da una “colpa originale” ed in una commovente progressione, ciascuna insospettabilmente sofferente fino alla follia.

Il manga, fedele alla sceneggiatura originale e disegnato da Sasakishonen con un tratto fedele ma di gran lunga superiore a quello di Takashi Takeuchi, illustratore della Typemoon, non ha preso in considerazione tutti e cinque gli archi narrativi (ed è un vero peccato) ma si è concentrato sul primo arco della “faccia vicina” con qualche interferenza del secondo.
Protagonisti quindi assoluti del manga sono Shiki, il “killer perfetto” capace di uccidere anche ciò che non può morire, ed Arcueid “l’arma sterminatrice” dal corpo di donna fatale e con il carattere di una ragazzina entusiasta che “per colpa di Shiki che l’ha uccisa”, per la prima volta si trova obbligata a “rallentare” nella sua corsa di missile teleguidato mirato su un bersaglio preciso. Scoprendo così la vita come la conoscono tutti.
Basandosi su una sceneggiatura di ferro, non sorprende che il manga riesca benissimo ad avvincere non facendo null’altro che copiare quasi letteralmente le situazioni del videogioco: i dialoghi sono praticamente copiati ed incollati eppure avvincono, sorprendono, fanno ridere o portano malinconia come se li si leggesse per la prima volta. Conservano praticamente sempre la carica “a-morale” tipica dell’epica “oltreumana” di Nasu elevando i personaggi a icone di carisma puro.

Questa freschezza è merito del tratto di Sasakishonen che, come già detto, ricalca in maniera eccellente i ritratti dei personaggi come visti nella visual novel, ma poi li anima in scenografie perfettamente definite con inquadrature ed effetti speciali più che adeguati a rendere il momento. Così, ogni momento in cui Shiki diventa “L’altro Shiki”, il killer di “cose che non devono esistere” inarrestabile ed infallibile, è semplicemente impregnato di FOMENTO puro e stile. Per contro, ogni momento che Arcueid sorride, si imbarazza o volente o nolente mostra il suo lato sexy il lettore, sopratutto quello maschio, non può restare indifferente.
Quindi, si sarà capito che l’unico motivo per cui Lunar Legend Tsukihime non è “Da forziere” è perchè è “un terzo di capolavoro”.
Per quanto sia ingiusto e poco obiettivo, pensare a cosa sarebbe stata una trascrizione completa affidata a Sasakishonen, sminuisce ciò che effettivamente è stato realizzato che, comunque, vale assolutamente la vostra attenzione. Che conosciate il Nasuverse o meno.