Il nuovo corso di Mister No: leaving NYC

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Nel precedente articolo abbiamo visto come Mister No si è adattato alla sua vita nella “Grande Mela”, con nuovi amici ed avversari sempre più sanguinari e spregiudicati. I suoi giorni newyorkesi sono tuttavia ormai al capolinea.

L’uscita di scena è davvero in grande stile: con il n.268, nel settembre 1997, inizia infatti una storia lunga ben cinque albi che “rompe” la regola del “nuovo corso” di presentare episodi autoconclusivi o al massimo suddivisi in due puntate.
L’occasione merita pertanto il ritorno, in seconda di copertina, di un editoriale del curatore della serie, Michele Masiero.

“[…] La storia che state per iniziare rappresenta un nuovo ‘punto di svolta’ per il nostro Mister No. Innanzitutto, con questa avventura abbiamo voluto accontentare quanti di voi rimpiangono un po’ le vicende ad ampio respiro che per tanti anni hanno caratterizzato la serie. […] una vicenda molto complessa, che metterà in campo tanto loschi quanto complicati intrighi, e soprattutto introdurrà un gran numero di personaggi vecchi e nuovi, alcuni dei quali ritorneranno dopo essere stati per lunghissimo tempo lontani dalla serie.”

Rispetto alle parole che Masiero aveva usato nel n.258, quando Mister No era arrivato a New York, è tuttavia evidente che nei dieci mesi trascorsi i programmi sono cambiati. In questa nuova occasione, infatti, Masiero anticipa già la “bomba”, su cui torneremo nella parte finale dell’articolo.

“Questa storia è particolarmente importante anche perché, quando si sarà conclusa, il terreno di New York finirà per scottare sotto i piedi di Mister No. Cosa succederà, dunque? Beh, anche se ogni misternoiano che si rispetti l’avrà già indovinato, non ve lo voglio ancora comunicare ufficialmente…”

L’episodio, ospitato nei numeri dal 268 al 272 (dai titoli “Gang”, “Agli ordini della CIA”, “Strade di fuoco”, “Scacco al Re”, “Nel centro del mirino”), con un’appendice di 20 tavole nel n.273, diventa il più lungo di Mister No sino a lì pubblicato, superando la mitica “Sfida al Pantanal” (n.155-159, di Nolitta e Di Vitto), che tuttavia resterà sino alla fine della serie la storia più lunga realizzata da autori singoli.

Il maxi-episodio di New York è infatti scritto a quattro mani da Michele Masiero e Stefano Marzorati, inizialmente separati (Masiero firma il primo episodio, Marzorati i successivi due) poi insieme, mentre i disegni sono realizzati da Fabio Valdambrini (primo e terzo albo), Orestes Suarez (secondo e quinto) e Roberto Diso (quarto).

Per rievocare questa storia, molto complessa, è stato scelto un approccio non strettamente cronologico, incentrato sui principali protagonisti e sul loro sviluppo.

Leo e Darlene

Tutto ha inizio con un avvenimento in apparenza “banale”, che tuttavia si ingigantirà progressivamente sino ad assumere i contorni di un intrigo internazionale: un ragazzino oggetto di un brutale pestaggio nel corso di un regolamento di conti tra gang giovanili. Mister No, che passava nei paraggi, non può certo restare a guardare.

“Lascia stare il ragazzo!”
“E tu chi diavolo sei?”
“Sono uno che ti gonfia la faccia di sberle se non te la dai subito a gambe!”

Il salvataggio segna l’inizio dell’amicizia tra Mister No, il giovane Leo Faithful e sua madre Darlene, che lo sta crescendo da sola.

“Appena arrivata a New York ho conosciuto Angelo… ero giovane e stupida! Leo è nato neanche un anno dopo… sono stati periodi molto duri e Angelo era troppo debole per sopportarli… così una bella mattina mi sono svegliata e lui non c’era più… non ho mai saputo dove si sia rintanato, ma in fondo non riesco a odiarlo!”

Darlene Faithful

Darlene diventerà ben presto la più importante new entry femminile del periodo newyorkese di Mister No. Il nostro eroe con le donne, anche le più ricorrenti come Patricia, ha sempre avuto un rapporto privo di complicazioni o impegni reciproci, tranne rare eccezioni: Darlene appartiene a queste ultime.
Stando con lei il nostro eroe ci svela anche qualcosa sulle proprie origini e sul rapporto con suo padre.

“Questa città non è la mia casa, Jerry… anche se vivo qui ormai da sedici anni, non sono mai riuscita a trovarmi a mio agio!”
“E ti è rimasto anche un po’ di accento del sud! […] Sei scappata di casa?”
“Certo! Che altro poteva fare una ragazza di diciassette anni in un buco di posto come […]? Mio padre non me l’ha mai perdonata, sai?… Ho saputo della sua morte solo sei mesi dopo che è avvenuta… avrei voluto vederlo un’ultima volta, dirgli che gli volevo bene…”
“Mmm… ti capisco, Darlene… anche fra me e mio padre ci sono state diverse incomprensioni… non siamo mai riusciti a capirci… mi ha lasciato da solo ad affrontare la vita troppo presto!”
“Abbiamo percorso strade simili, anche se in direzioni opposte, Jerry… io mi sono rifugiata in città, mentre tu, a quanto mi hai raccontato, ne sei fuggito!”
“Già… io sono nato a Brooklyn. Poi a mio padre le cose hanno iniziato ad andare bene… così ci si siamo trasferiti qui a Manhattan, nell’Upper West Side… la mia infanzia l’ho vissuta sulle strade un po’ come il tuo Leo!…”

Nel corso del maxi-episodio, Jerry si ritaglierà un momento nostalgico in cui tornerà a fissare lo skyline della “Grande Mela” dal tetto della sua vecchia casa di Brooklyn, come faceva nelle serate d’estate insieme a suo padre, che gli parlava di New York come di una città “magica […] e […] misteriosa… come un sogno…”.

“Allora mi mettevo a guardare Manhattan con occhi diversi… e tutto quello che vedevo, dall’altra parte dell’East River, mi appariva come un mondo nuovo… come una città incantata fatta di cartone argentato, dove tra i grattacieli si aprivano i canyon formati dalle strade e dalle avenue che la attraversavano…”

Leo Faithful

Ma torniamo alla famiglia Faithful. Leo è chiaramente ispirato, sin dal nome, a Leonardo Di Caprio, che quella volta era un giovane e già popolare attore che, proprio nel corso della pubblicazione di questo maxi-episodio, avrebbe conosciuto la consacrazione definitiva con il successo planetario di “Titanic” (uscito nelle sale cinematografiche alla fine del 1997). Leo è un ribelle, rimasto ferito alla testa e, soprattutto, nell’orgoglio per essere stato salvato da un “grande”. Jerry sa tuttavia come “prenderlo” e ne vince le resistenze, entrando in confidenza con lui.

“Come stai, Leo?”
“Mmm… Come stai?… Come stai?… Da due giorni mi fanno tutti la stessa domanda!… Non hai qualcosa di più originale da chiedermi?”
“Cosa ne diresti di ‘mi offri una sigaretta?’… è abbastanza originale, come richiesta?”
“Direi di sì, dato che in genere mi rimproverano per il fatto di fumare già alla mia età!”
“E tu invece non prendi ordini da nessuno, vero?”
“Proprio così […] Comunque, senti, Jerry… È così che ti chiami, no? …Io.. io, ecco volevo ringraziarti per essere intervenuto in tempo… se non fosse stato per te forse a quest’ora…”
“Okay, okay… ho capito, fermati qui… non va bene che un duro come te diventi troppo gentile così, tutto a un tratto!”
“Mmm… toccato… in effetti sono stato un idiota a comportarmi in questo modo con te!”
“In effetti sì, ma non parliamone più. Pensi che possiamo stringerci la mano, adesso?”
“Okay!”

Jerry inizia a trascorrere sempre più tempo con Leo nei momenti di libertà, anche perché sua madre, che lavora tutto il giorno come cameriera per mantenere entrambi, ha poco tempo per lui. I due, in particolare, si sfidano a pallacanestro e sviluppano un rapporto di complicità.

“Allora stasera esci con mia madre, eh?”
“Già… ci faremo una cenetta e una bella passeggiata, come due vecchi amici!”
“Certo, certo… a chi vuoi darla a bere? In ogni caso non devi farti dei problemi con me… so che è stata dura per lei tirarmi su da sola… ma adesso ha il diritto di vivere la sua vita senza dover pensare a un rompiscatole come me! Io ormai so cavarmela benissimo da solo!”

Jerry è molto discreto e cerca di mettere in guardia Leo dai rischi che potrebbe correre.

“Mmm… ne sei sicuro, Leo? … Anch’io sono cresciuto nella strada e so quanto possa essere pericoloso, se non si tengono bene gli occhi aperti e magari ci si lascia incantare dal sogno di guadagni facili! C’è gente senza scrupoli, qui fuori! A volte, volendo crescere troppo in fretta, si rischia di rimanere invischiati in situazioni pericolose… non è il tuo caso, vero?”
“No… io ci sto attento!”

Saranno le ultime parole famose, purtroppo: quella stessa sera Leo resterà coinvolto suo malgrado nell’omicidio del capo della gang rivale, con cui aveva anche motivi personali di scontro (la sua sorella è la fidanzata di Leo). Il ragazzo è innocente, ma per lealtà verso la sua banda non vuole rivelare il nome del vero assassino, e viene arrestato. Per di più, la pistola dell’omicidio è la stessa con cui in precedenza era stato ucciso un piccolo spacciatore. Le prove per incarcerare Leo in attesa del processo sarebbero insufficienti, ma sul caso si è misteriosamente messa di mezzo la CIA, che fa in modo che Leo finisca nel famigerato riformatorio di Wilkinson, un vero e proprio inferno in terra.

Il ritorno di Delia

L’ordine è stato impartito da un’antica e storica conoscenza di Mister No, al suo grande rientro dopo un’assenza di ben 14 anni: Delia, agente della CIA creata e utilizzata da Alfredo Castelli in tre occasioni (n.29-30, 49-51 e 98-99), in cui aveva manipolato il nostro eroe per fargli svolgere inconsapevolmente vere e proprio missioni segrete per conto suo.

Questa volta, invece, Delia scopre subito le sue carte con Jerry, svelandogli cosa si nasconde dietro le lotte tra bande giovanili: il narcotraffico, che sfrutta le gang come bassa manovalanza.

“Droga… sta diventando un business sempre più importante […] ci si è buttata addosso anche la mafia italiana, che fino a poco tempo fa si era rifiutata di entrare nel giro: ai giovani boss il ‘codice d’onore’ delle vecchie famiglie importa sempre meno! […] Questa gente sta avvelenando la nostra città! […] Sto elaborando un piano per dare un colpo decisivo alla più potente delle organizzazioni di spacciatori: gente insospettabile che agisce ad alto livello… Ho bisogno di un tipo deciso, pronto a tutto, fidato, intelligente, da infiltrare in quella organizzazione…”

E infine Delia gioca la sua carta per “convincere” Mister No.

“Non lo farei se non si trattasse di una questione così importante, devi credermi… so che c’è un ragazzino che ti sta molto a cuore! […] Quasi non riuscivo a credere ai miei occhi quando ti ho visto ieri al distretto di polizia: ti pensavo migliaia di miglia lontano, e invece ecco che ancora una volta mi puoi togliere dai guai!”

Dopo un momento di rabbia, Mister No cede al ricatto, ed è così costretto a lasciare il suo lavoro al “Village Vanguard” per dedicarsi a tempo pieno alla sua nuova missione.

Delia

Poco prima della “volata finale”, quando la missione di Jerry sembra ormai terminata, Delia si “scioglierà” un poco, confessando a Mister No tutta la sua ammirazione, senza tuttavia impressionare il nostro.

“So di averti chiesto molto, Jerry… ma ti assicuro che hai reso un grande servigio a questa nazione!”
“Puah! Queste storielle tienile buone per i tuoi nipotini, Delia!… Ho sentito e visto troppe cose nelle ultime settimane per credere alle tue sciocchezze sul ‘bene della nazione’!”
“Pensala un po’ come vuoi! Comunque, che tu ci creda o no, ti sono grata per quello che hai fatto per me… credo che tu sia la persona più in gamba che conosco, Mister No… peccato che le cose fra noi due siano sempre andate in questo modo… saremmo stati una bella coppia, io e te…”
“See… in un fumetto di guardie e ladri, forse, visto quello che mi costringi a fare!”

Nonostante la meschinità, Delia non prova piacere per quello che fa ed è sinceramente convinta di agire per uno scopo superiore.

“Non è un mestiere facile il nostro, sapete? E a volte siamo costretti anche a fare cose che ci ripugnano… ma in ogni caso lo facciamo sempre per il bene della collettività.”

Gli sviluppi della vicenda daranno tuttavia un duro colpo alle sue convinzioni.

Gli amici nel momento del bisogno

Mister No non è l’unica persona che ha a cuore la libertà di Leo. C’è innanzitutto il cocciuto ed esperto tenente O’Donnel, che non ha affatto digerito il trattamento che la CIA ha riservato al ragazzo.

“Non mi piace come giocate con le persone!”
“[…] Eseguite i miei ordini e per il resto lasciate fare a me: questa è una guerra che voi poliziotti non potreste mai vincere da soli!”

O’Donnel e Mulligan

O’Donnel decide pertanto di proseguire le indagini, nonostante le pressioni dei suoi superiori affinché lasci perdere. Come spiega a Mister No, infatti…

“A differenza di certi miei colleghi, ho ancora voglia di vederci chiaro nelle cose, io. […] Sono convinto che quel ragazzo sia finito invischiato in un affare più grande di lui… […] Questa volta non ho nessuna intenzione di farmi mettere i piedi in testa! E farò di tutto per togliere quel ragazzo dai guai, se non è colpevole!”

Per le faccende che non può svolgere “ufficialmente”, O’Donnel è aiutato da Phil Mulligan, il detective privato grande amico di Mister No che avevamo già rivisto nel n.263 .

Ma anche i nuovi amici del “Village Vanguard” non hanno abbandonato il nostro eroe.

Max Culver ha coinvolto il suo avvocato, l’esperto Rizzo (ispirato graficamente all’attore Dustin Hoffman, che aveva ricoperto il ruolo di difensore di alcuni “ospiti” del riformatorio Wilkinson in “Sleepers” del 1996), che tuttavia non riesce inizialmente a scarcerare Leo, comprendendo che ci sono poteri superiori contro di loro.

“Sono molto preoccupato… Bergman è sempre stato un buon giudice, equilibrato e ragionevole. Ma oggi si è comportato con una rigidità che mai gli avevo visto applicare prima d’ora. […] Ormai sono convinto che dietro tutta questa faccenda si nasconda qualcosa di molto grave e spiacevole…”

Rizzo

O’Donnel, Mulligan e Rizzo riusciranno infine a procurare le prove che, verso la conclusione della storia, porteranno alla scarcerazione prima e all’assoluzione poi di Leo, mentre Mister No è impegnato nel suo lavoro di “infiltrato”.

Anche un altro dei nuovi amici di Mister No, il barista Harvey Fenner, è protagonista di una propria trama parallela che, attraverso una persona che sapeva morta da anni, finirà per incrociare le vicende di Mister No e Delia.

I due ex-marines

È in una serata in cui Max Culver trova il “Killarney Rose” chiuso in anticipo che Harvey ci svela qualcosa di sé che non sapevamo.

“Che diavolo ti è saltato in mente di chiudere il locale quando sono appena le otto di sera?”
“Hai ragione, non dovevo farlo ma… vedi… oggi mi sento proprio uno straccio… […] Ieri è morta una persona a cui ero molto attaccato… l’hanno ammazzata…”
“Accidenti, mi spiace, Harvey! E chi era, un tuo parente?…”
“Non era mio parente e non era neppure mio amico, Max. Era la donna con cui ho passato i momenti più belli della mia vita…”
“Ehi, non me ne avevi mai parlato!”
“Beh, credo che anche tra amici uno abbia il diritto di tenere qualche segreto… e poi è una storia triste e parlandotene avrei corso il rischio di diventare lagnoso, e lo sai che non mi piace!”
“Io penso invece che con un amico si possa correre questo rischio, Harvey.”

Harvey racconta all’amico che, giunto sul luogo del delitto poco dopo, aveva incrociato un uomo corpulento per le scale, che crede essere il colpevole. Ma non è tutto: in lui ha riconosciuto Myrtle Evans, un suo commilitone durante la seconda guerra mondiale che avevano combattuto tra i marines. I due erano stati grandi amici (Evans gli aveva salvato la vita), ma poi si erano lasciati burrascosamente, e in seguito Harvey aveva saputo che Evans era morto (era stato persino alla sua tomba). Harvey è intenzionato a ritrovarlo per vendicarsi, ma dalle indagini di Rizzo e Mulligan risulta che, ufficialmente, Evans non sia mai esistito: è il tipico trattamento riservato agli agenti segreti, a cui viene creata una nuova identità.

Myrtle Evans e il Generale Lee

Myrtle Evans è infatti un sicario professionista della stessa sezione della CIA a cui appartiene Delia. In realtà è innocente per la morte della donna (che è stata uccisa dal suo “bersaglio”, subito dopo eliminato da lui). Evans è un uomo solitario, che gode della sola compagnia del suo anziano cane, con cui ama parlare mentre non sta eseguendo i suoi “sporchi” incarichi.

“Ma ti rendi conto, Generale Lee?… Ti sei mangiato tre doppi cheeseburger… non dovresti ingozzarti così… Lo so che te ne freghi della linea, ma quando si ha una certa età bisogna imparare a moderarsi, capisci?”
“Wooff”
“…E va bene! È inutile tentare di discutere con te. Vuoi sempre avere ragione… coff… coff… comunque io e te formiamo proprio una bella coppia, lo sai?… una palla di lardo a quattro zampe e un padrone con i polmoni pieni di buchi come un colabrodo…”

Evans è infatti malato di cancro e ha poco da vivere: al massimo un anno. Ma c’è qualcosa di incompiuto che lo tiene ancora in vita.

L’infiltrato

Per quanto riguarda Mister No, il suo incarico gli farà rischiare la vita più volte, anche a causa dei superiori di Delia (il leccapiedi Young e il potente capo della sezione, soprannominato “Candyman”), che a insaputa della donna non esiterebbero a sacrificarlo nel corso della guerra tra i mafiosi e l’organizzazione in cui Jerry si è infiltrato.

Candyman e Young

La missione di Mister No si rivelerà molto difficile non solo per la propria incolumità, ma anche da un punto di vista morale. Ciononostante, il nostro eroe la svolge con il massimo impegno.

“Mi fa piacere che tu stia prendendo tanto sul serio il tuo incarico…”
“Certo che lo sto prendendo sul serio, Delia, ma non mi diverto per niente a fare l’ ‘infiltrato’… Vedi, durante la guerra ho conosciuto qualcuno del servizio segreto militare. Le rispettavo queste persone, ma ogni volta che le incontravo non riuscivo a togliermi di dosso una brutta sensazione…[…] Non importa per quale ideale combattevano, restavano sempre delle spie… e nel mio mondo questa parola è sempre stata legata a cose spiacevoli, del tipo farsi amica la gente per poi sfruttarla, manovrarla, sopprimerla. Non è così, forse? […] Beh, io spero solo che ne valga la pena. Per questo cerco di agire nel modo migliore […]”

Lo scopo di Mister No è scalare i vertici dell’organizzazione criminale capeggiata dal potente uomo d’affari Michael Morgan II, che ha costruito una facciata rispettabile (una ditta di importazione di pesce) per coprire i suoi traffici illeciti. Mister No lo aveva già conosciuto anni prima, in uno dei brevi periodi che aveva trascorso a New York dopo la seconda guerra mondiale, e Morgan ha con lui un debito di riconoscenza.
Jerry rischia di essere smascherato come spia, venendo tuttavia salvato da un altro agente infiltrato, ma della “concorrenza”: Dale Cooper, dell’ FBI.

“Quello che ti ha detto la CIA in fondo è vero: è necessario combattere contro le organizzazioni criminali che stanno mettendo le mani sul mercato della droga… però si dà il caso che la CIA sembra sempre più interessata a eliminare solo una di queste organizzazioni, favorendo l’altra… in pratica distruggere Morgan e proteggere la mafia! Non sappiamo ancora per quale scopo preciso.”

Dale Cooper

Cooper, efficiente e un po’ svampito al tempo stesso, è un chiaro omaggio all’omonimo agente FBI protagonista di “Twin Peaks”, la storica serie televisiva del 1990 firmata da David Lynch. Grazie a lui Mister No inizia ad impostare una strategia per liberarsi dal ricatto della CIA, per la quale continua a svolgere l’incarico più importante, finalizzato al recupero di documenti preziosi che Morgan custodisce nella sua cassaforte.

L’occasione arriva quando Mister No, che si è fatto notare in alcune missioni di trasporto della droga dal porto alla centrale smistamento, viene convocato da Morgan, che non si è dimenticato affatto di lui.

Quando si conobbero la prima volta (“La città del crimine”, n.86-90), Mister No era stato infatti di grande aiuto per suo figlio, Michael Morgan III, detto “Ratso”, un vigliacco e viziato figlio di papà che aveva creato non pochi problemi a Jerry. Anni dopo, Ratso si sarebbe ucciso in circostanze drammatiche a Manaus, coinvolgendo suo malgrado anche Mister No. Ora Morgan vuole sapere come sono andate le cose, e Mister No non si tira indietro nel raccontarglielo.

“Mi dispiace. Forse avrei dovuto mentire: dirvi che, nei suoi ultimi attimi di vita, Michael ha avuto parole di affetto per voi… ma non è stato così…”
“Hai fatto bene, Mister No! Mi hai raccontato soltanto quello che volevo sentire: la verità… per questo ti apprezzo. E per questo sono convinto che tu sia l’uomo giusto per aiutarmi a mandare avanti la mia organizzazione… […] Io credo che uno come te meriterebbe di occupare un posto di maggiore responsabilità, dove le tue capacità potrebbero risaltare al meglio… […] ho bisogno di qualcuno fidato, che mi stia accanto e vegli sulla mia incolumità…”

La sua fiducia nei confronti di Mister No è infatti totale, e con lui si confida apertamente, anche sull’essere diventato un criminale rispetto a quando si erano conosciuti la prima volta.

“Anch’io, un tempo, credevo nell’onestà, ma poi sono diventato un uomo d’affari cinico e spietato… e spacciare droga, avvelenando la gente, è stato soltanto l’estremo e inevitabile passo di chi, come me, ha deciso di obbedire alle leggi del profitto…”

Michael Morgan II

Mister No è tuttavia inevitabilmente destinato a tradirlo: approfittando del suo nuovo incarico di fiducia, Jerry può infatti rubare dall’inviolabile cassaforte di Morgan i documenti segreti. Un’operazione in perfetto stile “Missione Impossibile”, in cui il ruolo “tecnico” di scassinatore è garantito da un complice della CIA che tuttavia, svolto il suo compito, cercherà di uccidere Jerry su ordine di Candyman e Young. Mister No si salva, anche grazie all’aiuto di Cooper, e fuggito con i documenti è finalmente pronto a passare al contrattacco contro la CIA.

Morgan realizza subito che…

“Sono un uomo morto… e tutto per colpa della persona di cui mi ero fidato di più!”

Uscirà di scena con dignità. Mentre i suoi uomini abbandonano la nave che affonda, pagherà a tutti la propria liquidazione. E quando è il turno di due criminali che lo informano di avere già trovato un nuovo datore di lavoro, capisce che stanno parlando della Mafia e che è giunta la sua ora.

“Beh, quand’è così facciamola finita alla svelta… qui ci sono i vostri soldi. Ricordatevi di prenderli dopo avere fatto il vostro sporco lavoro. Non mi piace avere debiti con nessuno!”

Le verità svelate

I documenti trafugati vengono presi in custodia dall’ FBI, il cui storico Direttore Hoover (con cui Mister No ha già avuto a che fare nel n.260) è ben contento di riceverli, poiché contengono una autentica “bomba innescata nel cuore della CIA”, suoi “rivali” sui quali adora esercitare pressioni (ma nel complotto sono coinvolti anche senatori e generali degli Stati Uniti). Mister No ne riassume il contenuto ad una sbigottita Delia.

Faccia a faccia (1): Jerry e Delia

“Quei documenti raccontano di come la tua benemerita CIA, o suoi settori deviati, ricicla narcodollari di provenienza mafiosa per finanziare un qualche rivoluzionario e aspirante dittatore sudamericano… in pratica erano l’assicurazione sulla vita per Morgan: con quella roba in cassaforte nessuno avrebbe osato toccarlo con un dito!… Per chi accidenti stai lavorando, Delia?”

Per la prima volta da quando la conosciamo, Delia, che ignorava di appartenere ad una sezione deviata, ha un momentaneo cedimento emotivo.

“Io…io… maledizione! Ho dato la mia vita per un lavoro in cui credo… Perché quel verme schifoso di Candyman ha scelto me?… Perché ha voluto trascinarmi in questa fogna?… Perché ha deciso di distruggermi?…”

Delia è infatti giunta ad una drammatica consapevolezza: è appena scampata ad un misterioso attentato, e ha capito che dietro lo stesso c’è proprio la CIA che, scoperta al proprio interno una sezione deviata che sta contravvenendo esplicitamente alla politica ufficiale del governo degli Stati Uniti, è intenzionata a soffocare lo scandalo facendo “pulizia”.

“La nostra pelle non vale un dollaro… siamo entrambi in pericolo, Mister No!”
“Lo so, Delia… ma ne usciremo insieme, te lo prometto!”

Mister No manterrà la parola. Potrebbe godere della protezione dell’FBI, ma non abbandona la sua “amica” al suo destino, condividendone tutti i rischi.

Nel frattempo Harvey Fenner, con l’aiuto di Mulligan, è riuscito a rintracciare l’indirizzo di Myrtle Evans, e lo coglie di sorpresa nel suo appartamento.

Faccia a faccia (2): Harvey e Myrtle

Con la pistola puntata contro, il suo vecchio amico professa la propria innocenza per la morte della donna di Fenner, ma non può provarlo. Gli confessa inoltre che è comunque condannato a morire tra pochi mesi, ma che prima ha ancora qualcosa da fare: vendicarsi del suo capo, Candyman, poiché in passato aveva provocato la morte della donna amata dal sicario. Fenner gli crede e si allontana, senza risparmiare toni molto duri al suo antico amico.

“Hai buttato via la tua vita come un idiota, Evans! Bah, goditi il tempo che ti resta: ammazza quel bas***do, prenditi la tua vendetta e va’ all’inferno…”
“Mi disprezzi, vero? Per quello che sono diventato…”
“E perché mai? L’Evans che conoscevo è davvero morto, vent’anni fa […]”

Pochi minuti dopo Evans è attaccato da alcuni uomini che si stanno occupando della “disinfestazione” per la CIA. Fenner gli salva la vita, eliminando un uomo creduto morto che stava per sparargli, e se ne va subito dopo senza trattenersi.

“Ora siamo pari, il nostro debito è saldato…”
“Io… per un attimo ho pensato che avessi cambiato idea, Fenner. Che tu fossi tornato per uccidermi…”
“No, Evans, non ti avrei comunque mai ucciso a sangue freddo: è solo che certe cose non si dimenticano tanto facilmente… su quella collina, a Okinawa, quando mi salvasti la vita, facemmo un patto, ricordi? Uno doveva sempre coprire le spalle all’altro, e viceversa… beh, quando ho visto quei brutti ceffi mi è venuto in mente il nostro patto… e ho pensato che era ancora valido…”
“Harvey… io… grazie… amico!”

Il gran finale

Delia e Mister No decidono di affrontare il capo della sezione deviata, Candyman, per ottenere una confessione che la metta al riparto dalla “vendetta” della CIA. Dopo essere stati oggetto di altri attacchi, i due arrivano a casa di Candyman insieme a Young, il superiore diretto di Delia, che sapeva benissimo di appartenere a una sezione deviata e che ora teme per la propria vita. Ma Candyman ha già trovato il proprio salvacondotto con l’uomo che sta comandando gli “eliminatori”. Si tratta di una vecchia conoscenza di Mister No che, proprio con il “nuovo corso”, ha fatto un notevole “salto di qualità”: Hiden, di cui non avevamo più notizie dal n.260.

“Il nostro Mister Candyman sa troppe cose… cose che alla CIA faranno comodo! Quindi verrà fatto rientrare nei ranghi!”

Il confronto tra Delia e Hiden, i due agenti CIA per definizione della serie, assomiglia al detto del bue che dà del cornuto all’asino.

“Mi fate schifo, Hiden… non credevo che la Cia potesse arrivare a questi livelli di meschinità!”
“Siete un’ingenua, Delia… e poi proprio voi parlate di meschinità… avete idea di cosa ha passato a Wilkinson per colpa vostra un ragazzino innocente?”

Anche Jerry e Delia saranno “risparmiati”: il primo gode della protezione del Direttore Hoover dell’FBI, mentre della seconda è stata accertata la buona fede. Lo stesso non vale per Young, che viene eliminato a sangue freddo da Hiden davanti a loro. È la “goccia che fa traboccare il vaso”: Mister No si toglie finalmente la soddisfazione di “suonarle” a Hiden, subito prima di essere a sua volta pestato dagli uomini della CIA. Hiden li ferma.

“Gli perdoniamo anche l’ultimo sfogo… coff… in fondo gliene abbiamo fatte passare di tutti colori, a questa sottospecie di eroe!”

Dopodiché comunica a Jerry la sua punizione.

Hiden dà il “foglio di via” a Jerry

“Stammi bene a sentire, Drake… se ti succede qualcosa, Hoover ha giurato di far passare un brutto quarto d’ora al Direttore della CIA, e con quei documenti in mano sai che può farlo… in cambio, però, noi abbiamo ottenuto che tu ne vada da New York, te ne vada da tutti i dannati Stati Uniti… e non ci faccia ritorno mai più! È chiaro, ‘eroe’? […] Torna a rintanarti nel tuo puzzolente buco amazzonico e non ci tornare più fra i piedi, perché la prossima volta non saremo così clementi! […] E adesso muoviti, ‘eroe’! La tua carriera di agente segreto si chiude qui!”

Questo è pertanto l’espediente trovato per giustificare il brusco ritorno a Manaus di Mister No. Una motivazione che sembra piuttosto pretestuosa e inserita in un secondo momento, quando la decisione di terminare anzitempo il “nuovo corso” era stata presa.

Ma non è ancora finita. Mentre, sotto una pioggia torrenziale, tutti i protagonisti degli ultimi eventi sono appena usciti dal palazzo di Candyman, quest’ultimo viene centrato in piena fronte da un proiettile sparato dall’alto, da una grande distanza. Myrtle Evans ha compiuto la sua vendetta e, mentre gli uomini della CIA sono nella confusione più totale e Hiden grida tutta la sua rabbia, può allontanarsi indisturbato insieme al Generale Lee. Sulla storia quintupla cala così il sipario.

Ritorno a Manaus

Con il numero 273, dal significativo titolo “Manaus!”, Mister No torna nella sua città adottiva. È il febbraio 1998, e per la svolta non può mancare un editoriale del curatore Michele Masiero, che corregge il tiro rispetto alle affermazioni passate, senza mai parlare ufficialmente di “marcia indietro”.

“Ci siamo, amici: il momento che aspettavamo è arrivato! […] Sono sicuro […] che già nello scorso settembre […] molti di voi avevano già capito che il grande ritorno era nell’aria. Questa volta la trasferta di Jerry Drake è stata molto più movimentata e sofferta di quelle che lo avevano visto protagonista in passato. […] Era inevitabile, comunque, che questo nuovo periodo newyorkese fosse soltanto una parentesi. Come Jerry ha potuto constatare da sé, infatti, le cose nella cosiddetta ‘civiltà’ non sono affatto cambiate. […]

Quanto ai motivi “misteriosi” che avevano spinto Mister No a restare a New York (la riscoperta delle sue origini), Masiero precisa che l’appuntamento è soltanto rimandato.

“Questa nuova partenza forzata impedirà, ancora una volta, a Jerry di affrontare la spinosa situazione, ma non preoccupatevi: stiamo già mettendo in cantiere una lunga storia che vi svelerà tutti i retroscena di una vicenda lontana nel tempo, che ha formato il carattere di Jerry come lo conosciamo”.

Le prime venti pagine dell’albo contengono un “Prologo” (n.273, di Masiero e Valdambrini) che è in realtà una postfazione della maxi-saga appena terminata, in cui scopriamo cosa è successo ai suoi protagonisti dopo la conclusione “in volata” del mese prima.

Delia vorrebbe dimettersi dalla CIA dopo quanto ha scoperto e vissuto sulla propria pelle. In particolare, è rimasta delusa dal fatto che la “Ditta” fosse disposta a “perdonare” Candyman, ma il Direttore della CIA la convince a restare. Delia chiede di essere riassegnata al Sudamerica, ma la bella agente della CIA non sarà più utilizzata per il resto della serie.

“Lo sapete benissimo come gira il mondo… a volte dobbiamo servirci dei ‘cattivi’ che tradiscono, per carpire loro informazioni che ci permettano di continuare la nostra lotta contro il crimine!”
“Oh, certo… ma Candyman non era esattamente il ‘figliol prodigo’… Gente così va prima chiusa in galera, poi si butta via la chiave della loro cella e solo a quel punto li si fa collaborare… non dopo averli fatti espatriare a Puerto Rico a spese del governo!”

Mister No, costretto a lasciare gli Stati Uniti, deve congedarsi dai suoi amici. Innanzitutto la sua donna, Darlene, che non lascerà New York per seguirlo.

“Ti chiederei di venire via con me, se…”
“Non lo fare, invece… non sarebbe giusto… […]”
“Vorrei solo che capissi quanto sei importante per me… non mi è mai stato facile dire cose come questa… ma stavolta è diverso… tu sei davvero speciale!”
“Bah, e piantala adesso… le parole non servono…”

I saluti finali con Max e Harvey

I due si salutano con uno dei baci più passionali e intensi di tutta la serie, promettendo di rivedersi. Ma anche di Darlene, che subito dopo l’uscita di Mister No scoppia in lacrime, non sapremo più nulla.

Jerry si reca poi al “Village Vanguard”, dove lo aspettano Max, Harvey e Phil. In quest’occasione Mister No svela finalmente il motivo che lo aveva portato a trattenersi a New York, anche se soltanto i lettori più distratti non lo avevano ancora compreso.

“Nel carcere di Rykers Island è rinchiusa una persona… è lì da vent’anni, e la sua liberazione è questione di qualche mese, ormai… è a causa di questa persona se ho lasciato New York quando ero solo un ragazzo… Non ho più avuto contatti con lui… adesso avrei voluto vederlo e farmi spiegare un mucchio di cose, ma non ce n’è più il tempo… […]”
“Di chi si tratta, Jerry?”
“Di mio padre!”

E dopo un momento di sorpresa generale, è Mulligan a rompere il silenzio, ma Mister No chiude subito l’argomento.

“Accidenti, Jerry… ti sei tenuto dentro un segreto del genere per tutto questo tempo?”
“Sì, Phil… nessuno lo sa, e comunque non vorrei parlarne nemmeno stavolta…”

Infine, Mister No è accompagnato da Phil al molo dell’imbarco, dove trova ad aspettarlo Leo, che regala a Jerry un pallone da basket.

“Occupati di tua madre, d’accordo?… C’è bisogno di un uomo in famiglia!”
“Lo farò, Jerry…[…]”
“Ehi, stai proprio crescendo, ragazzino… La gattabuia ti ha fatto bene!”
“Ah! Ah! Va’ al diavolo, Jerry… avrò gli incubi per un bel pezzo!”
“Lo so… ma tu non vergognarti di niente… pensa a guardare sempre avanti… e non voltarti mai indietro!”

E con quest’ultima frase, in cui mi piace cogliere anche una valenza extra-narrativa per la conclusione prematura del “nuovo corso”, si chiude la mia personale rievocazione di questi 32 albi e venti tavole della serie regolare, pubblicati tra il giugno 1995 e il febbraio 1998. Ma non si chiude qui questo ciclo di articoli, perché le avventure urbane di Mister No sarebbero sopravvissute per alcune storie fuoriserie, mentre sulla testata madre non sarebbero mancati alcuni sviluppi, anche molto importanti.

Quanto al rientro in Amazzonia, al termine dell’avventura “Manaus!” (n.273-274, di Mignacco e Di Vitto) Mister No si guadagna una nuova casa e un Piper identico a quello che era andato distrutto nel fatidico n.241, e la sua vita può riprendere, più o meno, come prima del “nuovo corso”.

Il “nuovo” frontespizio

A distinguere le nuove avventure amazzoniche da quelle di un tempo c’è un altro cambio di “look”, presentato sin dal nuovo frontespizio. Ma il semplice fatto che per quest’ultimo sia stata “adattata” la copertina che Diso aveva realizzato per la rivista “Comic Art” del gennaio 1993 (quando Jerry sfoggiava ancora la sua “divisa” storica) fa intuire che qualcosa dell’entusiasmo redazionale che aveva contraddistinto l’avvio del “nuovo corso” sia ormai venuto meno.

In questo ciclo di storie di Mister No non sono mancati errori di valutazione e inciampi, ma allo stesso modo ne vanno riconosciuti i meriti nel rivitalizzare il personaggio di Nolitta, che dopo il n.200 aveva iniziato a perdere la “forza” che gli aveva permesso di emergere come uno dei più grandi successi della casa editrice. E per riuscirci, gli autori del “nuovo corso” avevano lavorato, con coerenza, sul “non detto” del personaggio, un “cittadino del mondo” formato da un passato da riscoprire, senza sfidare Nolitta sul terreno dello storie amazzoniche, scenario in cui non avevano l’empatia del papà di Mister No. E, soprattutto, senza “trucchi”. Si faccia il confronto con quello che succede invece al giorno d’oggi, quando per raggiungere obiettivi simili si ricorre a “reboot” in una differente generazione o a team-up più o meno improbabili con altri eroi (o persino supereroi).

Ai lettori che apprezzarono il “nuovo corso”, come il sottoscritto, è rimasta la curiosità di conoscere come si sarebbero dovuti svolgere gli eventi secondo i piani originari, poiché diverse cose non si sono realizzate: dalla fuga in Oriente ad un ulteriore scontro con Ishikawa, fino all’incontro con il padre durante la permanenza nella “Grande Mela”.

Storie che, purtroppo, non abbiamo mai potuto leggere.

(Continua)

Tutte le immagini sono (c) Sergio Bonelli Editore

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