Nel precedente articolo abbiamo terminato di rievocare le storie che hanno composto il primo tema forte del “nuovo corso”, quello che ha visto Mister No fronteggiare un nemico inedito che, dopo averlo costretto a fuggire da Manaus, lo ha spinto ad intraprendere un lungo viaggio verso la sua città natale, New York. E una volta regolati i conti con il giapponese Ishikawa, Jerry ha deciso di trattenersi nella Grande Mela per attendere la scarcerazione di una persona importante legata ad un passato che, nei vent’anni precedenti, aveva cercato di dimenticare (suo padre, anche se ai lettori non è ancora stato rivelato).
I numeri che portarono al dietrofront
Gli albi che vanno dal n.261 al n.267, pubblicati tra il febbraio e l’agosto 1997, sono con ogni probabilità quelli che hanno portato alla decisione di chiudere in anticipo il “nuovo corso”. Le motivazioni non sono mai state rivelate ufficialmente, anche se si possono immaginare: la delusione dei lettori, tradottasi in un brusco calo delle tirature, nel momento in cui la serie stava cercando nuovi equilibri nel contesto metropolitano.
Come era già successo nei numeri dal 250 al 257 del “nuovo corso”, anche tra gli albi 261 e 267 il tema portante (prima era la sfida a Ishikawa, ora le origini di Mister No) viene “congelato” e non fa progressi, e con il non trascurabile vantaggio del “senno di poi” è facile intuire che sia stato un errore. Dare una nuova ambientazione fissa al personaggio in una città come New York, senza un suo coinvolgimento personale stimolante, ha infatti danneggiato la forza del protagonista, nonostante la presenza di spunti interessanti nei singoli episodi, alcuni dei quali brillantemente sceneggiati.
Nei nuovi registri narrativi Jerry finisce per perdere la centralità delle trame, diventando spesso il testimone di dolorose vicende di vite altrui in cui fornire il suo punto di vista. La sensazione è un po’ come quella che si prova quando un caro amico, che non frequenti più di persona, ti manda un SMS d’affetto che ti ricorda che lui è ancora lì, da qualche parte. Intorno a Jerry gli eventi si fanno sempre più duri, sporchi e cattivi, esaltando ulteriormente le tendenze già emerse nelle storie precedenti, tra assassini psicopatici e sadici, atmosfere malinconiche e amare, in una “Grande Mela” dipinta come una metropoli molto pericolosa, con vere e proprie zone senza legge, anche perché tra le stesse forze dell’ordine non mancano le mele marce. La giustizia arriverà prima della fine delle storie, ma non in modo strettamente “legale”.
Infine, questi episodi con blanda continuity sono stati pubblicati con un ordine a tratti fuorviante, probabilmente diverso da quello programmato che si poteva desumere dalle anticipazioni riportate nella terza di copertina del n.258 e che sarebbe stato, a posteriori, più incisivo.
Nuovi amici e nuovo lavoro
Il primo albo di questo ciclo di episodi, “Notte di morte” (n.261, di Marzorati e Suarez), è strategicamente necessario nel momento in cui Mister No deve iniziare una nuova vita a New York: presenta infatti personaggi che diventeranno ricorrenti e, soprattutto, dà al protagonista il modo di guadagnarsi da vivere nella metropoli.
Il tutto succede in uno dei luoghi più amati dal nostro: il bar. Anzi, in questo caso un pub, il Killarney Rose, dato che la scena si svolge a Hell’s Kitchen, il quartiere irlandese di New York. Qui Jerry entra subito in sintonia con il barista Harvey Fenner, un simpatico chiacchierone come il “collega” Paulo Adolfo di Manaus (e lo spunto iniziale lo fornisce proprio il quadrifoglio che Jerry porta cucito sulla manica, dato che è simile al simbolo dell’Irlanda) ma che in seguito si dimostrerà anche un “duro”.
Ed è Harvey, che ha fiuto nel giudicare le persone, ad avere l’intuizione.
“Sai cosa ti dico?… Mi è venuta un’idea. Forse Jerry potrebbe essere l’uomo adatto per quel lavoro…[…] il mio sesto senso mi dice che quel Drake se la sta passando davvero male… e tu potresti aiutarlo!”
La persona a cui Harvey si sta rivolgendo è il suo boss, l’imprenditore Max Culver, che successivamente si presenta a Mister No.
“Oltre a essere proprietario del Killarney Rose, sto aprendo un locale giù a Greenwich Village […] è un night-club un po’ speciale… vorrei ospitarci anche concerti di jazz, sai?… insomma, mi piacerebbe che diventasse il centro della vita notturna newyorkese… […] ti propongo di lavorare lì… dovrai essere una specie di tuttofare che si occupa della sicurezza, di seguire i musicisti e altro… però prima vorrei metterti alla prova. Così… ecco, pensavo che potresti cominciare a lavorare qui al Killarney per un po’, dando una mano a Harvey… che ne dici?”
“Dico che mi sta bene, per l’animaccia mia!”
Risolta la questione “pratica”, che permetterà a Jerry di vivere in un modo nuovo una delle sue grandi passioni (la musica e il jazz in particolare), la trama d’azione dell’albo è incentrata su una sanguinaria banda di terroristi irlandesi, capeggiati dal sadico Donal, a cui piace raccontare le torture che ha subìto dalla polizia inglese mentre a sua volta sta infierendo su dei malcapitati.
“Vi chiederete perché vi ho raccontato tutto questo, amici… beh, l’ho fatto perché non vi dimentichiate mai che abbiamo di fronte un nemico spietato e crudele… il cui unico desiderio è di vederci annientati, umiliati e sconfitti… per questo la nostra missione è così importante… e per questo qualsiasi mezzo è lecito se può aiutare la causa della libertà del popolo irlandese…”
Le vicende si incrociano quando Max Culver è testimone di uno dei loro omicidi e Mister No deve lottare al suo fianco per portare a casa la pelle. Determinante sarà il sacrificio del macellaio Seamus, che trent’anni prima in Irlanda aveva visto morire la sua promessa sposa proprio a causa di un giovane Donal alle prime armi come terrorista. Si vendicherà a colpi di mannaia, insensibile ai proiettili che l’assassino gli sparerà contro per tentare inutilmente di salvarsi.
Quanto a Jerry e Max, l’esperienza vissuta suggella l’inizio della loro amicizia.
“Sai che cosa penso, Jerry? Che dopo questa notte d’inferno non ti rivedrò più. E mi dispiace, perché sono sicuro che saremmo diventati amici…”
“Ma noi lo siamo già, Max! Dopotutto non è cambiato niente… è come quando ero in guerra. Tante amicizie nascono in prima linea, sotto le bombe… e ti assicuro che sono le più forti… Perciò, sta’ tranquillo! Quando aprirai il tuo locale io sarò lì, se la tua offerta sarà ancora valida!”
“Lo sarà, Jerry… lo sarà…”
Il pugile
Il mese successivo è la volta de “Il volo dell’aquila” (n.262, di Marzorati e Gramaccioni), un albo probabilmente uscito in anticipo rispetto al piano originale. Il vero protagonista dell’episodio è Joe Seneca, un pugile pellerossa “sconfitto” dalla vita, che interpreta il ruolo del perdente in incontri clandestini truccati. Mister No, che segue con occhio esperto gli incontri di boxe insieme ad Harvey (veniamo a sapere che da ragazzo l’ha praticata), è introdotto nel luogo dei combattimenti da un amico allibratore del barista e riesce a leggere benissimo nel cuore di Joe, sorprendendolo.
“Per fare un mestiere duro e ingrato come il tuo bisogna per forza essere in gamba! Credo che nessuno nasca perdente: è la vita a imporci certi compromessi… basta una scelta sbagliata, un fatto imprevisto ed ecco che ci ritroviamo a dover fare cose che non ci piacciono… magari anche tu hai un buon motivo per fare quello che stai facendo, come tanta altra gente che ho conosciuto… gente forte, costretta a ingoiare amaro, che nonostante tutto rifiutava di piangersi addosso e tirava avanti un giorno dopo l’altro… Beh, tu mi sembri proprio uno di loro. Magari hai soltanto bisogno di una buona occasione… e spero che, un giorno o l’altro, questa occasione ti si presenti e tu la colga al volo!”
L’occasione arriva quando il socio di Joe ha un’idea: fare “saltare il banco” a Bobby Peru, il loro sfruttatore, in un incontro in cui avrà puntato anche i soldi dei suoi amici mafiosi.
“Perché, almeno per una volta, io e te non proviamo a tirare fuori la testa da questo letamaio e mostriamo al mondo di cosa siamo, capaci, eh? […] Se tutto funzionerà come dico io, ci ritroveremo con un bel gruzzoletto in tasca e la soddisfazione di aver mandato al diavolo Peru […]”
Sulla base del suo cuore e di una visione raccontatogli dal suo nonno (è per raccogliere i soldi necessari a tornare con lui nella riserva in Arizona che il pellerossa combatte), Joe chiede a Mister No di fargli da allenatore. E Jerry, dopo qualche titubanza, accetta l’incarico e si scopre, con sua sorpresa, adatto al ruolo. Ma oltre che sul fisico, c’è da lavorare sulla “testa” di Joe.
“Ci sono dei momenti in cui penso che non riuscirò mai a vincere quell’incontro. E’ difficile liberarsi del proprio passato… […] sono nato sotto una cattiva stella e dovrei rassegnarmi…[…]”
“È una storia triste, la tua. Ma non puoi continuare a commiserarti… capisco che per te le cose non siano mai state facili, ma adesso è finalmente arrivato il momento che aspettavi da tanto… quando salirai su quel ring, usa tutta la sofferenza che hai accumulato. Carica ogni pugno con il tuo dolore… io ho fiducia in te. Ma devi averne anche tu!”
“Io… io non lo so, Jerry… ma forse hai ragione: è con me stesso che dovrò fare i conti in quell’incontro…”
“Sarai tu il vincitore, Joe, credimi…”
Joe vincerà il match, ma a prezzo della vita, anche se sorriderà di fronte a Peru, il suo ex-sfruttatore, nel momento in cui quest’ultimo gli sparerà al termine dell’incontro. L’assassino non andrà lontano: il mafioso che ha perso i suoi soldi “rassicura” Mister No sul trattamento che gli riserverà.
“Peru è un mio problema e sarò io a risolverlo […]. Tempo mezz’ora e sarà tutto finito […]. Avrei dovuto scommettere sul pellerossa. Era davvero un buon pugile…”
“Era il migliore…”
Il detective
“Detective Story” (n.263, di Colombo e Bignamini) segna il ritorno in scena di Phil Mulligan, uno dei più grandi amici di Mister No. A causa della distanza geografica che li separa, sin lì era stato utilizzato molto di rado: lo avevamo visto al fianco del nostro eroe soltanto in storie newyorkesi in flashback e una sola volta in Sudamerica, nel classico “Paura nei caraibi” (n.78-80). Il “nuovo corso” darà il modo a Phil di diventare la spalla di “azione” più importante della serie dopo Esse-Esse.
Rispetto alle sue precedenti apparizioni, questa storia introduce un’importante novità di Mulligan, che al lavoro di detective privato ne ha affiancato un altro in cui sta ottenendo un successo oltre ogni aspettativa.
“Mi sono scoperto scrittore! Scrivo racconti per riviste… storie di un detective, duro, spietato, affascinante… un vero eroe moderno! Indovina come si chiama?”
“Mulligan?”
“No, Jerry Drake… proprio come te… e ha addirittura la tua faccia! […] sai, potrei lasciare le investigazioni e vivere solo scrivendo! E tutto questo grazie a te!”
“Sangue di giuda! Non so se arrabbiarmi o esserne compiaciuto! Quello che so è che mi devi una bevuta più sostanziosa di questa e anche una cena!”
Phil firma i suoi racconti come Spike Millane, uno pseudonimo che richiama esplicitamente uno dei padri del genere hard-boiled (Mickey Spillane, 1918-2006), e li scrive facendo parlare Jerry Drake in prima persona, con uno stile e atteggiamenti spregiudicati e sopra le righe.
“Topi!… Puah, li ho sempre odiati!… specie quelli grandi come cuccioli di dobermann e che sono anche capaci di mangiarsi un gatto a colazione! […] Non so se siete mai stati nelle fogne di New York. Se la risposta è no, fidatevi del sottoscritto… non è certo il posto dove invitare a cena il vostro principale! Comunque, al sottoscritto l’ambiente non faceva né caldo né freddo… era tranquillo… ci si poteva vivere… Sapete, io provengo dalla fogna più grande, piena di ratti a due gambe molto più pericolosi di questi sorcetti… quella a cielo aperto… la grande fogna chiamata New York…”
L’ultima storia del Jerry Drake Detective che Phil sta completando ha un duplice livello di lettura, poiché ha evidenti richiami simbolici con i fatti che coinvolgeranno lui e Mister No di lì a breve.
Phil sta infatti attraversando uno dei periodi più cupi della sua vita: è finito suo malgrado nel mirino di alcuni signori del crimine con ambizioni politiche, che hanno costruito false prove per ricattarlo e costringerlo a sporcarsi le mani. Ora Phil è stato obbligato a ritrovare Gillian, la moglie del suo ricattatore, da poco scomparsa con documenti compromettenti per il marito.
“Quella donna non vuole solo rovinare il maritino, ma anche chi gli sta intorno… anch’io sono sulla sua lista nera…”
Per Phil l’incarico è infatti molto doloroso: in passato aveva avuto un’importante relazione con Gillian, terminata tuttavia in modo burrascoso.
Mister No lo aiuterà a rimettersi in sesto e a passare al contrattacco.
“Tu che cosa avresti fatto al mio posto, Jerry?… Te lo dico io. Ti saresti ribellato… Avresti detto No! Io non ce l’ho fatta! Ecco perché l’eroico detective dei miei racconti sei tu!”
“E piantata di commiserarti, Phil… io non sono un eroe, al tuo posto forse mi sarei comportato nello stesso modo… ma non avrei smesso per un attimo di pensare al modo per fregarli tutti! […] Ed è proprio quello che faremo… insieme! E’ per questo che esistono gli amici, no?… per sbarazzarti dei ratti di fogna quando stanno per morderti il fondoschiena!”
E alla fine i due riescono a liberarsi dei “ratti di fogna” e a ritrovare la donna scomparsa, o meglio i suoi resti, dato che la dark lady aveva fatto una fine che richiama esplicitamente quella della sfortunata Gwyneth Paltrow nel film “Seven”, uscito nei cinema nel 1995. Il suo ricordo tormenterà ancora Phil, che esorcizza il proprio dolore facendo gettare via al suo detective immaginario un oggetto a lui molto caro al termine del racconto che ha incorniciato l’episodio.
“Detective Story” probabilmente in origine sarebbe dovuto essere il primo albo della nuova vita newyorkese di Mister No, dato che Harvey e Max non compaiono e che sembra strano che Jerry abbia lasciato passare tanto tempo prima di riprendere contatto con il suo ex-commilitone (che aveva già infruttuosamente cercato appena arrivato a New York nel n.258).
Vendetta indiana
Anche con “Il vendicatore” (n.264, di Mignacco e Pepe) Mister No vive una storia di indagine in “vacanza” dalla nuova quotidianità di New York. Anzi, questa volta lo “stacco” è totale: sta infatti accompagnando la sua più celebre fiamma, Patricia Rowlands, a Petersburg, un paesino tra le montagne e i boschi del West Virginia. Ma dopo pochi mesi senza frequentazioni femminili, Mister No ha dimenticato le regole del vero gentiluomo…
“Ho deciso di seguirti in questa gita fra i monti perché volevo fuggire per un po’ dallo stress e dalla violenza di New York… e trovo un montanaro che tira fuori il fucile per un nonnulla, neanche fosse un farmacista che fa il turno di notte nel Bronx!”
“Mmm… non sei per niente gentile, Mister No… credevo che tu fossi venuto per me!”
“Ehm… ma certo, Pat, e la prospettiva di trascorrere il week-end in tua compagnia mi fa sopportare qualsiasi cosa…”
L’archeologa deve tenere una conferenza sugli usi dei pellerossa, dei quali la scopriamo essere un’esperta. Un tema che, in quel periodo, sta iniziando ad interessare gli americani, con un po’ di ipocrisia poiché, come spiega il bibliotecario che ha invitato Patricia…
“Prima che arrivasse l’uomo bianco, gli indiani vivevano liberi su queste terre. […] rappresentavano l’infanzia felice dell’umanità… i miei concittadini hanno un po’ mitizzato questa età dell’oro, e in qualche modo oggi la ‘rimpiangono’!”
“Sì, anch’io ho notato questa ‘nostalgia’ fra il pubblico delle mie conferenze, in molte parti d’America… insieme al senso di colpa dei bianchi che hanno cancellato le civiltà dei pellerossa!”
“Già. Forse questa gente non pensa che il benessere attuale degli Stati Uniti si basa sullo sfruttamento delle terre strappate agli ‘indiani’!”
“Mmm…. Spesso il senso di colpa si accompagna alla cattiva coscienza….”
Ben presto, tuttavia, il week-end si tinge di sangue quando un assassino inizia ad uccidere alla maniera indiana alcuni uomini, nei boschi e in paese.
L’esperienza di Patricia sulla materia è molto utile, ma le sue intuizioni non sembrano fare breccia negli uomini del paese che stanno conducendo le indagini.
“Forse questo assassino non è un maniaco. […] La ragazza è stata risparmiata… di solito i maniaci non sono così ‘gentiluomini’… e non lo erano neppure gli indiani scotennatori del secolo scorso! Secondo me l’assassino non ha colpito due campeggiatori presi a caso… […] Questo non mi sembra affatto un omicidio casuale, ma piuttosto una vendetta premeditata!”
Un possibile movente viene individuato: un assurdo incidente mortale causato mesi prima da alcuni uomini (tra cui lo sceriffo e il bibliotecario di Petersburg) in Arizona, ai danni di una famiglia indiana. Tuttavia quel tragico fatto si rivela soltanto una copertura per l’assassino, e mentre Mister No corre i suoi rischi nei boschi, Patricia deduce la verità parlando con le pettegole donne del paese ;-).
“Questa non è una vendetta indiana… ma una vicenda molto più provinciale e infinitamente più squallida!”
Il vero assassino è infatti un bianco che ha motivazioni personali tra le più antiche del mondo: denaro e amanti. Anche l’archeologa rischierà lo scalpo, ma a salvarla ci penseranno Mister No e un agente della polizia indiana, arrivato in incognito per indagare sui fatti dell’Arizona e inizialmente creduto il possibile omicida.
Si tratta dell’unico episodio di Mister No illustrato da Michele Pepe, scomparso prematuramente tre mesi dopo la pubblicazione dell’albo: il curatore Michele Masiero ne darà notizia ai lettori nell’albo n.267, per una volta occupando lo spazio della posta di Sergio Bonelli. Il disegnatore di Zagor, nonché Art Director della Bonelli Editore, aveva appena iniziato ad illustrare una seconda storia, incentrata sul passato di Esse-Esse ed ambientata in Groenlandia, che resterà inedita.
Eroe per caso
Con “L’inganno” (n.265, di Mignacco e Bianchini) Mister No torna nel microcosmo newyorkese del “Killarney Rose”. La storia, che apre il terzo anno del “nuovo corso”, si svolge nei nevosi ultimi giorni di quello che è probabilmente il 1957 e, per una serie di equivoci, Jerry si ritrova a trascorrere il Natale in una cella della “Grande Mela”.
“Voglio uscire di qui… o almeno sapere perché diavolo mi ci avete portato!”
“Non meriti risposta, sporco ladruncolo!… Tu hai rubato l’orologio a un bravuomo che si era vestito da babbo natale per fare della beneficienza ai poveri barboni!”
“Cosa?! Io non ho mai derubato nessun benefattore di barboni!… Anzi, ho difeso un gruppo di quei poveretti da tre teppisti che volevano bruciarli vivi!”
Mister No è infatti vittima di un equivoco a causa di una sfortunata concatenazione di eventi innescata dal vero ladro, John Capra, un criminale di mezza tacca che lo aveva preso di mira per rubargli il giubbotto invernale e che ha assistito all’agguato ai barboni (un termine “scorretto” oggi scomparso dai notiziari, sostituito dal più romantico “clochard”…). Viene tuttavia scarcerato grazie all’intervento della ricca e bella Zelda, sorella del derubato (all’insaputa di Jerry), che conduce Mister No ad una festa di altolocati per giocare un bizzarro scherzo a suo fratello.
“Tutti galeotti dicono di essere innocenti… e francamente il tuo racconto di salvatore di barboni era piuttosto inverosimile!… ma adesso ti chiedo scusa, perché ho preso una cantonata e tu me l’hai dimostrato! […] Mio fratello è un ipocrita, e invitare a casa sua l’uomo che lo ha derubato mi sembrava un ottimo scherzo! Ero convinta che […] Richard ti avrebbe cacciato in malo modo, dimenticando la sua filantropia… invece […] lui ti ha offerto lo champagne senza neanche riconoscerti!”
“Lo credo bene! Non ci eravamo mai visti prima!”
E mentre i due vivono una notte romantica, John Capra diventa il nuovo eroe della città: si è infatti impossessato dei “meriti” di Mister No nei confronti dei barboni, e persino di alcuni eventi della sua biografia che gli aveva sentito raccontare al “Killarney Rose”. Jerry lo ritrova, intenzionato a dargli una bella lezione.
“Mister No! Tu… tu dovresti essere in prigione!”
“Proprio così! È per questo che sei andato alla radio raccontando la mia vita come se fosse tua?!”
“Ma no! Io… ti giuro che divideremo tutto, i soldi e la gloria! L’ho fatto perché tu non potevi, eri in gattabuia e…”
“Raccontala a un altro! […]”
I due finiscono nelle grinfie della banda che brucia i barboni (che vogliono vendicarsi della notte precedente), composta da un giovanotto ricco e annoiato (un altro fratello di Zelda) e da due delinquenti che lo fanno “divertire”. Mister No e John riusciranno a cavarsela facendo sodalizio, ma sarà determinante anche l’intervento dei senzatetto, che otterranno la propria giustizia del contrappasso nei confronti del poliziotto che copriva le azioni della banda. Zelda, dal canto suo, reagirà in modo imprevedibile alla scoperta che suo fratello è un violento assassino: lo ucciderà sparandogli con lucida follia, per poi terminare la sua vita in una clinica per malattie mentali. Tutta l’imbarazzante faccenda sarà insabbiata dalle autorità.
L’episodio si conclude la notte di capodanno, all’inaugurazione del “Village Vanguard”, il nuovo locale di Max Culver. La festa riunisce tutti gli amici di Mister No, vecchi (Patricia e Phil) e nuovi.
Io vagabondo
L’albo successivo, “New York City Blues” (n.266, di Marzorati e Bruzzo) , per crudezza e atmosfere struggenti è probabilmente il più rappresentativo e riuscito di questo “nuovo” Mister No di New York.
La trama è incentrata sul jazzista Curtis Gray, che sta riscuotendo un notevole successo con i suoi concerti al “Village Vanguard” ma che è piuttosto inaffidabile, a causa della sua dipendenza da alcol e droghe. Mister No, che per il suo nuovo lavoro al locale gli fa da “balia”, è diventato suo amico e passa molto tempo con lui, ascoltando volentieri gli aneddoti che Curtis ama raccontare sulla sua vita di artista.
“Ti ho mai raccontato di quella volta che ho suonato a Copenaghen? […] Una mattina, dopo che il club aveva chiuso, mi ero avviato a piedi verso il porto. E lì, sulla banchina, davanti al sole che sorgeva, mi sono messo a suonare… così, senza una ragione precisa… a un certo punto, lontano, appena al di là della linea d’ombra, mi è sembrato di vedere emergere due balene… è stato un attimo… poi sono scomparse, inghiottite dall’oceano. Quando sono tornato in albergo ho continuato a pensare a quelle due balene… capisci… era come se si fossero fermate ad ascoltare il mio blues, per poi sparire di nuovo nell’oceano… abbiamo qualcosa in comune, io e quelle balene… Eh! Eh! Siamo due specie in pericolo…”
L’episodio vede inoltre la partecipazione straordinaria dello scrittore Jack Kerouac (1922-1969), uno dei padri della “Beat Generation”, il movimento giovanile e culturale che si sviluppò nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti. Jack ha da poco raggiunto la notorietà grazie al suo leggendario romanzo “Sulla strada” (pubblicato nel 1957), ma con Curtis fa il modesto.
“Bah, è vero, cominciano a parlare di me, e allora? Non è cambiato nulla, sai… i soldi non ti aumentano la creatività… certo, servono a pagare l’affitto a mia madre, a comprarmi qualche bottiglia in più… e forse, chissà… a prendere una nave per andare lontano… magari a Parigi…”
Jerry e Jack non si tirano indietro quando scoprono il terribile segreto di Curtis: da mesi la sua giovane figlia è stata rapita dal suo fornitore di droga, il bieco Scully, che la schiavizza e ne abusa in un quartiere senza legge, dove è al comando di un gruppo di sanguinari sicari (una scena con un moribondo nel bagagliaio di un’auto è presa di “peso” dal film “Quei bravi ragazzi”).
Mister No, Curtis, Max e Jack, armi in pugno, libereranno la giovane dalla prigionia, ma al prezzo della vita del jazzista. Ferito mortalmente, Curtis chiederà di essere portato su una banchina di New York per vedere il mare un’ultima volta, dove se ne andrà ripensando ad un sogno che ha fatto sulle balene di Copenaghen.
Mister No e Jack non si rivedranno più, ma in precedenza lo scrittore ci aveva offerto una sua riflessione su Mister No: la sua somiglianza con l’amico che gli ha ispirato “Sulla Strada”, Neal Cassady (1926-1968, riportato tuttavia come Cassidy nell’albo), altro protagonista della Beat Generation.
“Tu mi ricordi qualcuno, Jerry!”
“Ah sì? E chi sarebbe? Magari qualche tuo personaggio?”
“Sì, hai centrato in pieno… […] Neal… Neal Cassidy… […] era un giovane di Denver, ospite frequente dei riformatori di stato… quell’incontro cambiò la mia vita. Rimasi subito affascinato dall’energia di Neal, da quella sua instancabile voglia di vivere… lui era il personaggio che cercavo da una vita. […] Partimmo senza una meta ben precisa… prima in Messico, poi attraverso tutto il paese… Neal era un ribelle vagabondo che girava questo grande paese cercando la verità… proprio come me… e anche tu, per quel poco che ti conosco, sei così… uno che fugge dal conformismo vivendo in modo avventuroso…”
Abuso di potere
In “Vite perdute” (n.267, di Marzorati e Busticchi-Paesani) Mister No si prende un weekend di relax tra i monti Catskills, insieme ad Harvey e a Tommy, uno svampito cugino del barista.
“Tommy è un tipo molto ingenuo e a volte se ne esce con discorsi che a chi non lo conosce abbastanza potrebbero fare una brutta impressione… […] è sempre stato un patito di film e di fumetti d’avventura… e quando mi ha chiamato ho capito dal tono della sua voce che non vede l’ora di essere su quel fiume, a bordo della sua canoa…[…] si entusiasma per qualsiasi cosa, anche la più banale […] … e la sai una cosa? Credo che tu abbia buone possibilità di diventare l’incarnazione dei suoi eroi di fantasia!…”
“Beh, se è così dovrò fare in modo che non resti deluso!”
La piccola vacanza diventa tuttavia molto pericolosa, poiché anche Sherman, un poliziotto che abusa spesso e volentieri del proprio ruolo, è in vacanza da quelle parti con un giovane collega, a cui “insegna” la propria filosofia di vita.
“Immagina che ne sia rimasto uno solo davanti a te… Lui ha una gran paura. E’ pronto ad arrendersi. Ha buttato la pistola e ha alzato le mani. Pensa di cavarsela, quel bas***do… È il momento migliore, questo. Il momento per cui pensi che sia davvero valsa la pena d’indossare una divisa… Il momento in cui dimentichi la tua misera paga, le ramanzine del tuo capo e le lagne di tua moglie che continua a chiedersi perché ha sposato un poliziotto… e allora ti senti, per un attimo, come un Dio… E quando finalmente hai capito quello che devi fare, ti rendi conto che se non hai ancora premuto il grilletto… è soltanto perché la paura che leggi nei suoi occhi ti procura un piacere immenso…”
Sherman provoca la morte di una ragazzina con la quale voleva “spassarsela”, incolpando l’ingenuo Tommy dell’accaduto, che si dà alla fuga nei boschi. Svelato l’inganno, il poliziotto è intenzionato ad eliminare i testimoni e per salvare le apparenze vuole divertirsi con Mister No …
“L’ultima volta che ho fatto questo giochetto la pistola era scarica, ma tu mi sei simpatico, amico, e voglio concederti una possibilità in più… avanti, raccoglila!”
“Fulminacci! Vuoi spararmi con la pistola in pugno per giustificare la legittima difesa, vero?”
… ma un sussulto di coscienza del suo collega crea il diversivo che permetterà a Jerry di ribaltare la situazione e fare arrestare l’indegno tutore dell’ordine. Quanto a Tommy, deciderà di abbandonare la sua canoa alla corrente del fiume, per dimenticare i tristi eventi vissuti. Mister No “legge” in lui e trova il modo giusto per risollevargli il morale.
“Immagina di essere su quella canoa, Tommy. Immaginalo con tutto il cuore… […] devi solo crederci e sarà come se tu fossi là a bordo. Sei pronto?”
“Io… Io… sì, Jerry. Sono pronto!”
“Bene. E allora forza con quei remi, Tommy. Sarà un lungo viaggio…”
Si tratta dell’ultimo episodio singolo del “nuovo corso” all’interno della serie regolare. Quando, nel numero successivo, il curatore Michele Masiero prenderà la parola per introdurre il maxi-episodio di cinque albi ai nastri di partenza, farà chiaramente intuire che al termine dello stesso il nostro eroe tornerà a Manaus.
(Continua)
Tutte le immagini sono (c) Sergio Bonelli Editore