La Compagnia degli Immortali

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Per onestà premetto che a leggere questo articolo vi potreste rovinare qualche sorpresa dei primi due volumi di UQ Holder, il manga di Ken Akamatsu da qualche mese in pubblicazione per la GOEN.

D’altro canto, se siete appassionati di manga shonen e non avete ancora preso in considerazione UQ Holder, allora una piccola punizione ve la meritate anche. Dopotutto Ken Akamatsu è quel simpatico burlone che, dopo aver ottenuto un discreto successo con la innocua harem-comedy Love Hina, aveva allegramente turlupinato i propri editori acconsentendo a replicare il successo con un’altra harem-comedy e poi, a decollo avvenuto, aveva dirottato tutto sullo shonen più puro ed adrenalinico.
Il risultato, ne avevo parlato un sacco di tempo fa, era quel Negima il cui unico motto pareva essere: “esagerare”. Se altri manga shonen-harem circondavano il protagonista di una mezza dozzina di ragazze procaci più o meno adatte a seguirlo nelle sue avventure, Negima ne proponeva da subito 31 e poi per buon peso ne aggiungeva qualche altra. Ad ogni crisi risolta dal protagonista tra risate, lacrime e mazzate, ne seguiva un’altra ancora più grave: si partiva dal diverbio con una loli-vampira e si finiva con il salvare l’universo. Da magie di base ed arti marziali convenzionali, si progrediva fino a veder cannoni orbitali usati a fianco di spade grosse come corazzate.
Insomma, tra le tante virtù di questo autore, tra cui un innato senso del ritmo, sicuramente veniva difficile inserire il senso del pudore.

Quando UQ Holder è stato annunciato come “erede” di Negima, quindi, i lettori erano comprensibilmente eccitati e spaventati. Il desiderio di novità si accompagnava al timore che Akamatsu turlupinasse di nuovo tutti lanciandosi su un altro genere ancora, la voglia di avere “more of the same” (ancora di quello già visto) era legata al terrore di scoprirsi propinata una zuppa riscaldata.

Dopo sei numeri, la risposta sembra fugare i timori: il manga erede di Negima è ancora uno shonen, si rifà all’universo “stabilito” con Negima, ne riprende parecchie caratteristiche, ma contemporaneamente usa tutto per andare un po’ oltre.
Se vogliamo, si rispecchia completamente nel suo protagonista: Tota Konoe, “normale studente giapponese” (HAHAHAHAHA!!), orfano, allevato dalla vampira pluricentenaria Yukihime aka Evangeline A.K. McDowell, vampiro a sua volta, nipote di Negi Springfield il mago che salvò l’umanità.

Un normale studente giapponese

Le differenze tra antenato ed erede si vedono praticamente subito: insegnante il primo, somaro il secondo, responsabile fino all’autolesionismo Negi, completamente sventato Tota, tattica e sacrificio da una parte, talento e forza bruta dall’altra.
Soprattutto le condizioni di partenza sono diverse: quanto capitava in Negima era in gran parte conseguenza delle azioni del protagonista. In UQ Holder sono invece gli eventi a cadere su Tota (e, apparentemente, proprio per quanto accaduto in Negima) ed è solo il carattere mostruosamente positivo del protagonista ad impedire che ne venga schiacciato.
Anzi, in quasi ogni situazione avversa, la sua “leggerezza” lo porta a trarne vantaggi: l’assalto di un killer lo porta a mutare completamente in un vampiro, ma permette finalmente di impostare una relazione sincera con la madre adottiva Yukihime. La sua natura immortale attira un cacciatore di immortali Kuromaru Tokisaka che però diventerà suo amico. Dover abbandonare il paese natio lo porterà a seguire Yukihime nella sede giapponese della UQ Holder, la compagnia segreta che riunisce immortali ed altri mostri.

Infine, essere inquadrato come l’ultimo degli apprendisti, lo porterà ad affiancare la “Santa d’Acciaio” Karin Yuki e altri eroi in una lotta quotidiana per la protezione di umani e non umani in un mondo che sembra decadere proprio mentre c’è la possibilità concreta di ascendere al cielo.
Un gigantesco ascensore orbitale, infatti, collega la terra allo spazio ma questo ha semplicemente aumentato la distanza tra chi si può permettere di salire e chi si accalca nelle bidonvilles alla periferia della megalopoli su cui l’ascensore si radica. A beffarsi dei sogni dei giovani, a separare “sommersi” e “salvati” ora si mette addirittura la stratosfera.

La Squadra

Ecco, un’altra differenza percettibile è proprio che Ken Akamatsu, persona di talento ed intelligenza, nonostante l’evidente predilezione per l’escapismo ed i temi leggeri non riesce più a tener fuori la grottesca ingiustizia del mondo contemporaneo dalla sua opera. In sei numeri appaiono temi che in Negima erano stati appena accennati: dalla concentrazione di tutti i poteri, compreso quello militare, nelle mani di soggetti privati, fino allo scontro grottesco tra la violenza dei privilegiati e la violenza dei disperati, in cui sarebbe facile scegliere con chi stare, non fosse che quel qualcuno ha ormai come unico obiettivo la morte.
Siamo, meglio ricordarlo, sempre nell’ambito dello shonen, quindi alla fine l’eroe in qualche modo risolve tutto in positivo. Ma il vigore che Akamatsu mette nella narrazione, personalmente, mi ha fatto percepire una certa “rabbia”: più la voglia di rappresentare “come le cose dovrebbero andare” che la speranza che “le cose vadano così”.

Mediocri giustificazioni di un mediocre.
(lettura giapponese)

Lasciando da parte le considerazioni socio-psico-politiche, due parole vanno spese anche sul tratto. Ken Akamatsu, praticamente fin dagli esordi, appartiene alla “ligne claire” giapponese: tratti precisi di rapidograph, pennarelli, retini e persino Computer Graphics. E poi: volti con pochissimi tratti identificativi, nasi a volte quasi inesistenti, grandi occhi, anatomie lineari tendenti al semplificato. La sua predilezione per la bellezza femminile fa sì che le ragazze godano di qualche cura e qualche rotondità in più, quasi sempre esibita con i più classici pretesti del caso: dalla obbligatoria sequenza alle terme, alla inevitabile irruzione casuale nello spogliatoio, fino all’incidente di combattimento che coinvolge ogni capo d’abbigliamento fino alla biancheria intima.
A volte l’autore ci ironizza persino su, altre volte è invece evidente la passione. Comprensibile.

Fanservice (an)negato.
(lettura giapponese)

Il resto è esattamente come già Negima ci aveva abituato, soprattutto dalla seconda metà, quando si era cominciato “a fare sul serio”: una quasi innata capacità di mettere ogni elemento della messa in scena al servizio del “ritmo” narrativo. E, in particolare, della narrAzione.
Ogni trucco, dalla frammentazione del dialogo all’esplosione/implosione delle inquadrature che possono passare da campi lunghissimi “siderali” fino al dettaglio di un occhio, passando per l’uso e abuso delle linee cinetiche, si presta al rendere un combattimento memorabile, un assalto inarrestabile, un colpo potente.
Un estimatore dello shonen non può non apprezzare.

Tiriamo le somme: UQ Holder al momento è il degno erede di Negima. Non una minestra riscaldata e chiaramente neanche un manga rivoluzionario.
Un gran buon prodotto di intrattenimento confezionato da un affermato e confermato artigiano del settore.

Luca Cerutti

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